LORO E NOI - 31/03/2025
 

Il riarmo per l’Europa socialista «in fieri»


È significativo che i sostenitori a sinistra del riarmo europeo tendano a glissare sulla natura sociale dell’attuale assetto comunitario, sulle condizioni di classe che vigono nei Paesi partner dell’Unione europea, preferendo rifugiarsi in concetti astratti, in non meglio definiti principi di democrazia e libertà. Non è un caso, è infatti compito assai arduo dipingere una Europa “sociale” per cui battersi. Non è cosa semplice andare a raccontare alla classe operaia dei vari Paesi europei che deve fare ulteriori sacrifici perché si rafforzino e si armino quelle istituzioni comunitarie che nella loro ormai lunga esistenza hanno dato generosa ospitalità a lobby di ogni risma, hanno lautamente foraggiato legioni di burocrati e politicanti, hanno prestato solerte attenzione alle istanze degli imprenditori (caso eclatante la squallida retromarcia sui sacri impegni ambientalisti di fronte alle piazzate degli imprenditori agricoli) e, invece, nel migliore dei casi, hanno ignorato la condizione dei lavoratori (caso, anch’esso eclatante, la situazione salariale e la crescente precarietà della classe lavoratrice in Italia). Difficile spacciare la costruzione europea reale, non un’ipotetica e sognata Europa futura, come un esperimento storico teso al superamento delle principali contraddizioni della società capitalistica quando le sue figure simbolo e apicali appartengono fino al midollo a quel mondo politico che del servizio agli interessi di classe della borghesia ha fatto la propria ragione di esistenza o che addirittura sono diretta espressione di questa classe – ci piace ricordare il profilo di madame Christine Lagarde, attuale presidente della Banca Centrale Europea, fiera sostenitrice della fine della lotta di classe (in genere, con questa sentenza i borghesi intendono che la loro vittoria nella lotta di classe deve diventare così assoluta da essere accettata dai proletari come ordine naturale delle cose).
Alla bisogna, però, si può ricorrere a qualche trucco da illusionista delle parole per cercare almeno di dare un minimo di parvenza “sociale” alla parola d’ordine di più armi per la causa europea. Il tentativo si può fare, basta avere sottomano l’intellettuale che si presti all’operazione. E non mancano mai.
Ecco infatti Paolo Flores d’Arcais (la Repubblica, 9 marzo) lanciarsi in uno spericolato ragionamento, che, a suo modo, è meritevole di essere seguito.
Punto di partenza: l’Europa «nei nostri cuori» vede la luce a Ventotene e «doveva addirittura essere socialista».
Inevitabile ammissione: quell’Europa è «ancora molto lontana» (sostenere il contrario significherebbe prenotare una visita psichiatrica o unirsi alle “tesi” della destra più sguaiata e becera per cui è “socialista”, “sovietica” o “comunista” qualsiasi forza politica od organismo regolatore, per quanto squisitamente borghesi, che si frappongano all’immediato rimpinguamento del proprio conto corrente, che non si associ all’idolatria del più meschino egoismo piccolo borghese o che non applauda con sufficiente entusiasmo alla caccia al migrante).
Condizionale fondamentale: «Dovrebbe essere l’Europa del welfare, dei diritti, di una eguaglianza crescente». Quindi, ne deduciamo anche da questo autorevole riconoscimento, l’Europa oggi non è questo. Ed è passato qualche annetto dai tempi del manifesto di Ventotene... È bene poi che tra patrocinatori del riarmo europeista si mettano finalmente d’accordo. Illustri ideologi come il professor Galli della Loggia sostengono l’esatto contrario. Per realizzare la difesa europea bisogna tagliare drasticamente sul welfare, sulla sanità pubblica, sulla pubblica istruzione, sulle pensioni; l’Europa è debole ed imbelle per colpa del troppo welfare!
Conclusione surreale: bisogna comunque armarsi oggi, nel quadro europeo che è quello che è, perché «tutto questo progetto in fieri» (Quale? Quello irreale di Ventotene o quello dell’Unione europea reale, attuale, concreta, l’Europa borghese che sempre è stata?) «è minacciato dalla Russia di Putin e dal tradimento di Trump». Mannaggia al presidente americano e al nuovo zar! Stanno minacciando il progetto di Europa «socialista» proprio sul più bello, quando finalmente, dopo decenni, intere generazioni di leve politiche europeiste fedelissime al capitale, di sviluppi istituzionali nel segno del dominio borghese, era finalmente «in fieri». Poco importa, in attesa che l’Europa passi infine al socialismo, bisogna accontentarsi e difenderla comunque, nel nome non di quello che effettivamente è ma di quello che prima o poi sarà. Tempo al tempo e il “sogno” egualitario dei padri fondatori diverrà realtà, una volta rintuzzata la minaccia trumpiana e putiniana.
È evidente che non siamo di fronte a chissà quale gioco di prestigio, ad una raffinata esibizione di illusionismo. Il livello è quello del gioco delle tre carte, e senza nemmeno il colore plebeo e di strada, la suggestione folcloristica che questa pratica può talvolta emanare.
Ancora una volta esce confermata una verità della società divisa in classi: in presenza di adeguati appoggi sociali, quando si è oggettivamente in sintonia con corposi e influenti interessi di classe, anche alle più misere, inconsistenti “pensate” si può vedere tributato il rango di “pensiero”.