LORO E NOI - 25/02/2025
 
Non ci sono “terze vie”

L’editoriale di Le Monde (edizione online, 12 febbraio) si misura con i problemi e gli scenari su cui si sarebbe concentrato il vertice sull’intelligenza artificiale organizzato a Parigi da Francia e India il 10 e l’11 febbraio.
Il compito essenziale è di quelli che fanno tremare i polsi: porre le basi di un sistema di coordinamento multilaterale attraverso cui regolare uno sviluppo tecnologico dalle enormi potenzialità ma gravido di contraddizioni e pericoli. Una sessantina di Paesi ha firmato la dichiarazione conclusiva del vertice, indicando l’obiettivo di un’intelligenza artificiale «aperta», «inclusiva» ed «etica». Stati Uniti e Regno Unito non hanno sottoscritto la dichiarazione. Il vicepresidente americano JD Vance – ultimamente in tournée sui palchi dei summit e dei vertici della borghesia globale nelle vesti di tutore integerrimo della Libertà in tutte le sue possibili declinazioni, ovviamente senza alcun imbarazzo per le aperture di credito della sua Amministrazione nei confronti del regime putiniano o per le politiche repressive e anti-sindacali portare sistematicamente avanti dalle grandi aziende che hanno sostenuto la corsa di Trump alla Casa Bianca o celebrato la sua vittoria – ha messo in guardia i Paesi europei dall’allinearsi a regimi autoritari come quello cinese.
Le Monde, toccato sul vivo (il credo circa la natura intimamente progressiva del “sogno” europeo) rilancia, argomentando che spetta proprio all’Unione europea incarnare una «terza via» tra regolamentazione autoritaria e l’ambizione monopolistica dei colossi americani del settore: un’intelligenza artificiale trasparente, rispettosa dell’ambiente e persino attenta ai bisogni del Sud del mondo.
L’intrinseca fragilità di questo castello di carte ideologico è nel considerare la tecnologia (oggi è sotto i riflettori l’intelligenza artificiale, ieri era l’energia nucleare e prima ancora i macchinari e gli impianti della rivoluzione industriale, la polvere da sparo etc.) come portatrice in sé di problemi e potenzialità preoccupanti e prevaricatrici. Dichiarazioni come quella di Parigi rappresentano, secondo Le Monde, un «indispensabile punto di partenza» per «regolamentare una tecnologia, certo promettente, ma che è al contempo eccessivamente energivora, capace di manipolare le opinioni pubbliche, di esercitare una sorveglianza pericolosa per le libertà civili, di destabilizzare il mercato del lavoro, perfino di uccidere, se integrata in dispositivi bellici». Il soggetto, quindi, che andrebbe regolamentato e controllato è la tecnologia in sé: utilizzarne le risorse e trarne i benefici, contenendone i rischi insiti. La sfida sarebbe, quindi, stabilire se, quando e come l’intelligenza artificiale in quanto tale può aiutare l’essere umano o viceversa schiacciarlo e persino ammazzarlo e governarla di conseguenza in base ad una astratta razionalità “umana”. Il problema, drammatico, è invece che l’intelligenza artificiale si sta sviluppando nel capitalismo. Che il suo sviluppo è soggetto alle leggi del capitalismo, incardinato nelle sue logiche. Così come l’Amministrazione statunitense, il Governo cinese, i regimi autoritari e democratici, l’Unione europea e gli Stati che la compongono.
Le questioni poste dall’intelligenza artificiale sono importanti e complesse.
Ma su un paio di verità non abbiamo dubbi.
Non esiste “terza via” che possa garantire di sfuggire alle contraddizioni, ai disastri, agli imperativi alienanti del capitalismo rimanendo al suo interno.
Nel capitalismo un’intelligenza artificiale che sfugga al processo di concentrazione, che non venga impiegata dalla borghesia e dai suoi organi di potere per controllare e sfruttare la classe dominata, che non diventi funzionale alle guerre combattute in nome del profitto, che sia coerentemente, veramente «aperta», «inclusiva» ed «etica», è un’illusione e un inganno.