Il nuovo modello di welfare sociale
Nel descrivere l’ennesimo episodio di regresso sociale, La Stampa online del 20 febbraio apre involontariamente un’interessante visuale sul concetto di welfare sociale all’epoca del pieno dispiegamento della versione più imbarbarita del patto fondativo del capitalismo italiano, ovvero quella a trazione piccolo borghese e parassitaria. L’articolo scrive di una pensionata di 85 anni, la quale «Nella Biella che le classifiche di qualche mese fa mettevano al primo posto per ricchezza e consumi» non può far fronte, dopo decenni di tagli alla previdenza da parte di tutte le forze politiche che si sono alternate al Governo, agli acquisti quotidiani se non in misura dello stretto necessario ad una sopravvivenza fatta di stenti. Ebbene, dopo aver fatto la sua misera spesa al discount, l’anziana donna s’è lasciata tentare da una scatoletta di tonno dal costo di 10 euro (quando si dice che alcuni individui vivono al di sopra delle loro possibilità!) intascandola senza pagarla. Subito allertate, le forze dell’ordine hanno solertemente rintracciato la signora «che si dirigeva lentamente verso casa trascinandosi dietro il classico carrellino per la spesa» e l’hanno riaccompagnata al supermercato acché rendesse conto del maltolto. Ma «vista la vergogna dell’anziana» per il gesto compiuto, mossi a compassione, i carabinieri hanno pagato di tasca loro la scatoletta di tonno, e, dato che il conto era stato regolato, il direttore del punto vendita ha rinunciato a sporgere querela contro l’anziana ladra. Questa, che secondo il quotidiano torinese di area “riformista” sarebbe una «storia a lieto fine», è stata però adombrata da alcune voci secondo le quali taluni anziani in stato di evidente indigenza acquisterebbero cibo per animali pur non avendo «amici a quattro zampe».
Questo piccolo, squallido, tragico episodio, sintomo di una situazione diffusa, sembra enucleare con straordinaria efficacia i termini dell’odierna questione sociale. Continui pure incontrastata la polarizzazione della ricchezza che ha visto i 71 miliardari italiani accrescere nel solo 2024 i loro patrimoni al ritmo di 166 milioni di euro al giorno sino ad arrivare a possedere l’equivalente del 13% del Pil nazionale. Continui pure ad ingrossarsi il fiume di denaro pubblico in corsa impetuosa verso il mondo delle imprese sottoforma di sussidi, ristori, sovvenzioni, agevolazioni fiscali e quant’altro, mentre viene sottratto alle reti di protezione sociale destinate a quegli stessi lavoratori che il valore incarnato in quel denaro hanno materialmente prodotto. Per loro, per i lavoratori giovani e anziani, se sapranno stare al loro posto come bravi bambini, se sapranno accettare supinamente l’etichetta di “fannulloni” in caso facciano appello ai sempre più risicati rimasugli del welfare pubblico a loro dedicato (mentre per gli imprenditori che evadono il fisco è sempre pronta una giustificazione di “stato di necessità”), se sapranno mostrare la giusta e infantile vergogna nel caso in cui dovessero cedere alla tentazione di rubare quella scatoletta di tonno il cui acquisto pensioni e salari sempre più indegni non potranno garantire, allora e solo allora, sarà il momento del tanto agognato nuovo modello di welfare sociale: un’elemosina alla bisogna, la magnanimità del direttore di un supermercato che, magari con sguardo paternalista, evita di sporgere denuncia, il tutto condito con una dieta a base di cibo per cani.
Se il proletariato vorrà tornare ad avere dignità sociale, ebbene, il ritorno ad una lotta di classe diffusa e generalizzata gli è assai più necessaria dello stesso pane.
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