LORO E NOI - 11/02/2025
 
Sempre meno briciole, sempre più avvelenate

Nel sistema capitalistico per la classe operaia non ci sono diritti, livelli salariali e condizioni di lavoro acquisti una volta per tutti. Ci possono essere cicli in cui ad alcune componenti della classe salariata vengono dispensate briciole più o meno sostanziose della mole enorme di profitti ottenuta a livello mondiale, in cui il proletariato può conoscere (spesso in concomitanza con l’esercizio di una propria pressione rivendicativa, sociale e politica resa possibile da specifiche condizioni storiche) evidenti miglioramenti in termini di situazione lavorativa e stili di vita, ma nello stesso istante altre componenti di classe vengono maciullate dal rullo compressore delle stesse dinamiche capitalistiche che rendono altrove possibili circoscritti fenomeni di attenuazione dell’asprezza della vita proletaria. In una realtà come quella italiana da tempo è emersa la presenza di famiglie operaie con casa di proprietà, risparmi investiti, vacanze al mare tutti gli anni etc., ma tutto questo, che comunque non poteva modificare nella sua essenza la precarietà e la subordinazione della condizione proletaria, appare oggi ampiamente messo in discussione. Le briciole che può dispensare l’imperialismo italiano sono sempre meno e per giunta sono preda sistematicamente della voracità della piccola borghesia e di strati parassitari, ben più attrezzati, nel contesto italiano, della classe operaia nella corsa ad aggiudicarsi queste risorse. L’aggravamento della condizione proletaria in Italia, con i livelli dei salari ormai in grado di fare scuola in Europa in quanto a politiche di riduzione e contenimento, con una crescente e sempre più brutale precarietà, non è una raffigurazione prodotta dall’esercizio propagandistico e retorico di una vocazione anti-capitalistica che si ripropone in termini moralistici, costantemente ignara dei mutamenti e degli sviluppi storici, è invece la realtà prodotta proprio da questi sviluppi. In questo contesto, ci sono situazioni in cui l’estrema debolezza costringe la classe lavoratrice a subire le intese tra le parti padronali, come il recente accordo sull’appalto tra BPER Banca e Coopservice. Leggiamo dal comunicato della Filcams Cgil: «Dal prossimo 1° febbraio la società Coopservice, subentrante nell’appalto di pulizie delle sedi e filiali BPER del Nord Italia, assumerà tutto il personale impiegato nell’appalto, con un taglio dei contratti individuali tra il 10 ed il 70% delle ore di lavoro. Ancora una volta il cambio appalto del servizio di pulizie delle filiali e sedi BPER Banca sarà con riduzione di ore contrattuali per il personale impiegato nell’appalto». L’acquisizione di un appalto avviene, ancora una volta, sulla pelle dei lavoratori. Per accaparrarsi l’appalto il padronato taglia sui salari, sulla forza-lavoro, sulle condizioni lavorative. E se qualcuno fosse tentato di pensare che questi giri di vite sulle condizioni dei lavoratori possano essere in qualche modo giustificati da oggettive difficoltà economiche che accomunano, nell’abbraccio aziendale, forza-lavoro e capitale, è bene che guardi in faccia la realtà del capitalismo, le sue intrinseche contraddizioni, la sua intima violenza. Leggiamo sul comunicato della Filcams: «Filcams Fisascat e Uiltrasporti denunciano la perdita di salario e l’aumento dei carichi di lavoro che subiranno le lavoratrici ed i lavoratori dell’appalto, ancor più inaccettabile alla luce dei risultati di esercizio dichiarati da Bper Banca, che da una parte redistribuisce utili agli azionisti e dall’altra permette che si risparmi sul servizio di pulizia». I padroni si spartiscono il bottino sulla pelle degli operai. Non è difficile trovare sulla stampa nazionale articoli che riferiscono dei risultati di BPER Banca. Il Sole 24 Ore online del 7 novembre 2024 riportava: «Bper ha chiuso i primi nove mesi dell’anno con un utile netto consolidato di pertinenza della capogruppo di 1,14 miliardi di euro, in crescita del 4,6% sullo stesso periodo del 2023. L’utile ordinario, si legge in una nota, sale del 2,2% a 1,11 miliardi dopo aver spesato oltre mezzo miliardo di imposte sul reddito. Nel terzo trimestre l’utile consolidato di pertinenza della capogruppo è stato di 457,3 milioni, in forte rialzo rispetto ai 290,7 milioni del 2023. L’utile per azione dei primi nove mesi sale così a 0,804 euro, dagli 0,512 euro del primo semestre 2024». Questa è la situazione di BPER Banca, anche altri gruppi bancari negli ultimi anni hanno incassato cifre da capogiro, mentre i vari Governi si succedevano e i patrioti “anti-sistema” lasciavano scivolare nella farsa le promesse di interventi fiscali straordinari su questi enormi flussi di profitti. Tutto questo non può essere ridotto alla spregiudicatezza di singoli uomini d’affari o di specifiche categorie di manager o imprenditori. E nemmeno all’incapacità della politica di farsi valere. Tutto questo, pur con le specificità delle particolari situazioni nazionali e politiche, risponde alle logiche fondamentali del capitalismo. Non esiste un capitalismo buono, un capitalismo “woke” che possa essere sistematicamente, spontaneamente, coerentemente rispettoso dei diritti dei lavoratori, che assegni la priorità alle loro esigenze e alle loro difficoltà. Non esiste un capitalismo dalla parte del “popolo” e anti-elitario che non sia inganno per la classe operaia, così come non esiste un tipo, una declinazione di capitalismo che abbia il monopolio della prevaricazione di classe, dell’imperativo del profitto, della ricerca dell’influenza politica per meglio perseguire i propri interessi (come invece oggettivamente veicolano ideologie tornate alla ribalta con la vittoria di Trump e che favoleggiano di “tecnofeudalesimo”, di “turbocapitalismo”, di “neoplutocrazie” etc.). Ribadiamo che non esiste per la classe operaia un modello di capitalismo entro cui poter trovare la propria armonia esistenziale, in cui poter trovare infine stabile rifugio contro le insicurezze, i pericoli, la mercificazione che deriverebbero solo dall’interpretazione “sbagliata” del capitalismo. Queste sono ideologie funzionali a perpetuare lo sfruttamento capitalistico. Non ci sono scorciatoie attraverso cui sfuggire alle contraddizioni e ai drammi del capitalismo rimanendo al suo interno. Bisogna lottare, lottare e ancora lottare contro il capitalismo, contro le sue leggi di sfruttamento e disumanizzazione. Bisogna lottare, anche nei momenti storici come l’attuale, in cui non ci si può collegare a vasti fenomeni di lotta della nostra classe, in cui ogni piccolo passo avanti in termini di consapevolezza politica e di organizzazione richiede un enorme impegno e la capacità di affrontare le difficoltà e le amarezze di una condizione di estrema minoranza. C’è bisogno di quadri operai, di militanti rivoluzionari che lottino nel capitalismo, contro le imposizioni padronali, consapevoli che ogni conquista sindacale il giorno dopo va difesa e come da ogni sconfitta occorra ripartire traendo da essa le lezioni più utili che può contenere. C’è bisogno di un impegno politico militante che sia sempre più capace di ricondurre le specifiche contraddizioni, sperimentate concretamente dalla classe operaia, alla natura generale e complessiva del sistema capitalistico. Un impegno costante e tenace in cui sia possibile educare un’avanguardia politica del proletariato al riconoscimento di questa continuità tra le singole, immediate manifestazioni della disumanizzazione capitalistica e la sua essenza come sistema. Sosteneva Marx, in merito alle lotte delle Trade Unions: «Esse mancano, in generale, al loro scopo, perché si limitano a una guerriglia contro gli effetti del sistema esistente, invece di tendere nello stesso tempo alla sua trasformazione e di servirsi della loro forza organizzata come di una leva per la liberazione definitiva della classe operaia, cioè per l’abolizione definitiva del sistema del lavoro salariato». La scienza sociale della rivoluzione, il marxismo, ha già tracciato le linee essenziali su cui devono muoversi gli operai coscienti nel loro percorso di formazione come soggetto politico in grado di guidare la lotta contro le radici stesse di un sistema che incatena il genere umano.