Preoccupante
Internazionale è un settimanale che pubblica principalmente articoli della stampa straniera tradotti in italiano. Da tempo occupa un ruolo tutt’altro che scontato e banale in un panorama pubblicistico e politico italiano che sempre più negli anni si è ripiegato su sé stesso, immergendosi in una palude di stereotipi, di gretti localismi, di retorica, di incapacità ad affrontare tematiche complesse e processi storici vasti e profondi, se non riducendoli a ricadute economiche ed elettorali di cortissimo respiro. È la palude che inevitabilmente accompagna, ampliandosi e assorbendo sempre più spazi della vita collettiva, il declino di una specifica società capitalistica, adagiatasi e conformatasi sulle logiche e le prassi di una piccola borghesia e di strati parassitari forse mai così capaci di condizionare l’intera formazione sociale italiana.
La funzione di Internazionale, che ha anche vivaci rubriche culturali, non appare, quindi, certo priva di utilità e continua ad essere improntata ad un orientamento chiaramente di sinistra.
Ma anche il concetto di sinistra cambia e può subire gli influssi di questo declino, su cui esercita un peso determinante l’assenza prolungata di quel fattore energico e vivificante che è il conflitto di classe, con la capacità proletaria di immettere – attraverso lotte, rivendicazioni di ampia portata, vasti processi organizzativi e di politicizzazione – nuova linfa nel tessuto politico e culturale di una realtà sociale.
Si è fatta persino strada una tendenza che sta attraversando in maniera sempre più evidente la sinistra nella sua dimensione più diffusa e generale (dalle formazioni parlamentari, alle testate giornalistiche e alle iniziative editoriali e culturali): la classe operaia e in generale gli strati sociali più poveri vengono percepiti come naturalmente funzionali ad altre forze politiche, ad altre narrazioni ideologiche, estranei se non ostili alle linee guida del progressismo attuale.
Il risultato può anche essere il titolo di apertura del sito di Internazionale del 2 dicembre, a proposito degli scioperi degli operai della Volkswagen, che cercano di reagire alla minaccia di un’ondata di licenziamenti, annunciata dall’azienda in violazione degli impegni presi sulla tutela occupazionale: «Lo sciopero a oltranza che preoccupa la Germania». Per un’ormai storica rivista italiana di sinistra, “preoccupante” è diventato lo sciopero dei lavoratori. Non i licenziamenti attuati dal padronato.
Anche in questo si coglie il frutto amarissimo e velenoso di una società capitalistica in cui da troppo tempo la classe operaia vive, nella sua dimensione più generale, un doloroso letargo. Una classe operaia che può diventare preda della demagogia di una destra alla prova dei fatti fedelissima agli imperativi del capitale e inevitabilmente disconosciuta da una sinistra sempre più pienamente borghese, liberale e interessata esclusivamente a quei diritti che non si contaminano con quella che un tempo si definiva la “questione sociale”.
Solo una ripresa della lotta del proletariato, una sua ricomparsa come soggetto politico combattivo, vitale e inaggirabile nelle dinamiche della formazione sociale può scuotere e modificare questa penosa involuzione collettiva. L’alternativa a questa prospettiva è ancora e solo l’imbarbarimento sociale. |