LORO E NOI - 31/10/2024
 
Il lieto fine

L’intelligenza artificiale generativa è un’innovazione tecnologica complessa, foriera di contraddizioni, come tutte le tecnologie nella società divisa in classi e specificatamente nel capitalismo.
Da un punto di vista dei rapporti sociali tra le classi, si inserisce nell’ambito dell’aumento della produttività, e quindi della possibile espulsione di forza lavoro, in spazi che prima non parevamo essere particolarmente interessati da questa dinamica. Tutta una serie di attività intellettuali, almeno potenzialmente, può adesso essere sottoposta alla dottrina degli aumenti di produttività e quindi interessata a decisi processi di licenziamento dei salariati. Questa possibilità attrae immense quantità di capitali, con promesse di ritorni economici non indifferenti, anche se non così certe come si potrebbe pensare.
Invece, da un punto di vista meramente tecnologico, l’intelligenza artificiale generativa è senza ombra di dubbio affascinante e così la pensa (o pensava?) uno dei suoi più famosi rappresentanti.
Stefano Feltri su Internazionale del 4 ottobre si sofferma brevemente sulla figura di Samuel Harris Altman tra i co-fondatori di OpenAI: «diceva di essere già ricco, per questo fondava un ente non profit che puntava a sviluppare una nuova tecnologia, solo per il bene dell’umanità. Il giovane Sam si diceva pronto a farsi regolare dalla politica, per evitare l’estinzione della specie umana, e a studiare un reddito universale per chi avesse perso il lavoro per effetto dell’automazione portata dai nuovi algoritmi».
Poi però, lo stesso Feltri riconosce che “la favola è finita”. OpenAI è stata acquisita dal colosso Microsoft: «Uno dopo l’altro i sognatori delle origini se ne sono andati. Ora la OpenAI raccoglie investitori come ogni startup che sogna la quotazione in borsa (vale già 150 miliardi di dollari)».
Un sogno bruciato dalla realtà, verrebbe da dire, ma trattasi del destino di tutte le imprese che, se funzionano, non possono far altro che attirare ingenti quantità di investimenti, essere vittima dei processi di concentrazione, non sfuggire in alcun modo alle logiche del capitale.
E così nel capitalismo le anime belle si trasformano in pragmatici dirigenti, le società innovative che dovrebbero cambiare il mondo diventano aziende normali e le più promettenti tecnologie, frutto elevato dell’ingegno umano, si trasfigurano in mere merci. Quando al prossimo giro ci troveremo di fronte all’ennesima tecnologia “innovativa e rivoluzionaria” presentata come una bella favola, sappiamo già quale sarà il suo “lieto” fine.