LORO E NOI - 30/09/2024
 
Pericolosità estrema

Mentre il ddl Sicurezza da poco approvato alla Camera introduce la pena del carcere per chi blocca, manifestando, strade e ferrovie, c’è chi dopo aver ucciso un uomo, viene destinato a pene alternative al carcere a soli due giorni dal delitto. La discriminante tra questi due approcci antitetici è ancora una volta la classe sociale di appartenenza.
Il blocco stradale è una forma di lotta accessoria, che in talune situazioni può accompagnare lo sciopero per conferirgli maggiore eco e forza. Certo, a bloccare le strade sono anche gli agricoltori coi loro trattori e i piccoli imprenditori (il movimento dei Forconi ne è un esempio) quando si organizzano per difendere i loro privilegi parassitari o per chiedere al tanto odiato Stato ulteriori sovvenzioni. Tuttavia, un marcatore abbastanza affidabile per capire su quale fra questi soggetti la nuova legge verrà applicata con maggior rigore è l’atteggiamento che l’apparato repressivo mostra verso i suddetti attori sociali. Quando infatti i blocchi stradali non autorizzati sono posti in essere dai lavoratori in lotta, le forze dell’ordine hanno le mani ben salde sull’impugnatura del manganello. Quando invece i protagonisti di tali proteste sono appartenenti all’universo borghese, ecco che i tutori dell’ordine si tolgono il casco in segno di non belligeranza.
Dopo aver inquadrato il profilo dei futuri carcerati, veniamo a quello di chi è meritevole a tempo zero di misure alternative al carcere. Si tratta di una imprenditrice balneare – figura sociale oggi sul podio della popolarità mediatica e con un non indifferente ascendente politico – che dopo aver subìto il furto della propria borsetta ha investito col proprio suv il ladro, travolgendolo per ben 4 volte, e, dopo essersi ripresa il maltolto, è ripartita senza neppure chiamare i soccorsi.
Il Corriere della Sera, puntuale antenna ripetitrice del patto fondativo nella sua attuale configurazione piccolo-borghese e parassitaria, tratteggia, nell’edizione del 12 settembre, la figura della donna, lasciando ampio spazio alla prosa descrittiva del suo avvocato («sta soffrendo», «è inseguita dal rimorso»), del ministro Salvini («se l’uomo che ha perso la vita non fosse stato un delinquente, non sarebbe finita così»), nonché dell’arcivescovo di Lucca, che nel condannare il gesto non manca di sottolineare come lo stesso sia stato commesso da «una tranquilla e stimata signora».
Ma tornando alle parole dell’avvocato, egli, nel compiacersi del fatto che il giudice abbia accolto prontamente la richiesta di una misura alternativa al carcere per la donna, commenta: «capisco la reazione emotiva di fronte a quanto accaduto ma il codice va al di là del sentire comune. E prevede il carcere solo a fronte di una pericolosità estrema». Pericolosità estrema di cui evidentemente sono depositari i lavoratori in sciopero che occupano una strada, ma non una «tranquilla e stimata» imprenditrice che non ha esitato a porre fine all’esistenza di un uomo per riprendersi la borsetta.