LORO E NOI - 25/07/2024
 
Le classi ritornano

È sempre interessante osservare come gli ideologi borghesi, nella incapacità di affrontare un vero e serio bilancio delle impalcature teoriche che utilizzano per analizzare la società, riescano ad avvitarsi e contorcersi sui concetti sociologici che la realtà stessa mette in discussione.
Così, Ilvo Diamanti, su la Repubblica (versione online) del 22 luglio, affronta la questione del “ceto medio”, un concetto che, secondo lui, ha aiutato a comprendere meglio la realtà per troppo tempo “rinchiusa” nella definizione marxista di divisione in classi: «Sono passati 50 anni da quando Paolo Sylos Labini ha pubblicato un testo importante per comprendere il cambiamento che attraversava l’economia e la società nel nostro Paese. È un “Saggio sulle classi sociali” (edito da Laterza) che supera il dualismo fra borghesia e proletariato, fino ad allora prevalente. E introduce, nella lettura della realtà sociale ed economica, le altre categorie. Intermedie. I “ceti medi”, appunto. Che permettono di comprendere e analizzare in modo più “realista” il sistema economico e i suoi cambiamenti».
Eppure, queste categorie sociologiche intermedie, definite come fondamentali per la comprensione della dinamica sociale, si stanno “spopolando” e riposizionando proprio sotto il peso del movimento reale. Sempre più cittadini non si riconoscono più nel “ceto medio”, ma nel “ceto medio-basso”. Pur indirizzando il sondaggio verso definizioni ideologiche precostituite, la realtà non ha proprio voglia di farsi eccessivamente incasellare e il “sentimento” dei proletari si polarizza: «Questo sentimento accentua negli anni di crisi. In particolare, dopo la grande recessione del 2008, generata da una crisi finanziaria globale. Quando la quota di chi si colloca nei ceti medi cala pesantemente. In apparenza. Scende, infatti, dal 60% al 48%. Ma è l’effetto della crescita di coloro che si sentono in difficoltà. E vedono la propria posizione sociale crollare, più che scendere. La quota dei cittadini che definiscono la classe sociale della propria famiglia “bassa o medio-bassa”, infatti, dal 2006 al 2008, mostra una crescita, o meglio, un balzo improvviso e significativo. Dal 28% al 44%».
Il “ceto medio” espelle dal proprio grembo sempre più lavoratori. La rappresentazione ideologica non tiene il passo della dinamica del movimento reale. Gli ideologi borghesi a questo punto tentano di salvare capra e cavoli, arrivano al paradosso di descrivere una realtà che, nell’evidenza dei fatti, nega i loro presupposti teorici, ma nella rappresentazione ideologica conferma la loro impostazione analitica: «Nel decennio successivo, dopo una ulteriore crescita, che si verifica nel 2014, questo sentimento si “normalizza”. Soprattutto perché l’opinione pubblica si “abitua” alle crisi. E le emergenze divengono, appunto, “normali”».
L’impoverimento della classe operaia diviene endemico, non è più un fattore transitorio. Quindi se il “ceto medio” smette di svuotarsi vuol dire che permane e quindi è “veritiero”. Ma la realtà ha la testa dura ed è difficile imbrigliarla in vecchie e desuete ideologie: «A sentirsi più “marginali”, nel sondaggio di Demos, sono, infatti, i disoccupati. Coloro che non hanno un lavoro. Con implicazioni evidenti sul reddito. Ma un sentimento analogo coinvolge anche gli operai, le casalinghe, i pensionati. Gli stessi studenti, il cui reddito e il cui futuro dipendono, in misura significativa, dalla famiglia. All’opposto, i liberi professionisti, i tecnici e i dirigenti, ma soprattutto i lavoratori autonomi si riconoscono nei “ceti medi”».
Ed eccoci giunti ai classici nodi che vengono al pettine. Nel momento in cui la dinamica del mercato mondiale riduce sempre più le briciole che l’imperialismo italiano è in grado di elargire ai salariati, ecco che la definizione di matrice ideologica di “ceto medio” si caratterizza sempre più come un raggruppamento di frazioni borghesi che proprio come tali si percepiscono.
Le classi che forzatamente gli ideologi borghesi avevano fatto uscire dalla porta, rientrano, come una sassata, dalla finestra. L’astrazione scientifica del concetto di classe spiega la formulazione ideologica di “ceto medio” e quindi la realtà che la sottende, lasciando i vari Ilvo Diamanti preda di contorsionismi intellettuali inconcludenti e, alla conta dei fatti, anacronistici.