Non è una vittoria della nostra classe
E così il datore di lavoro che ha assassinato il proletario Satnam Singh, lasciandolo morire dissanguato a seguito di un raccapricciante incidente sul lavoro, è stato arrestato con l’accusa di omicidio doloso. Per noi marxisti, che conosciamo bene l’intima natura dello Stato, organismo posto a difesa e perpetuazione del dominio di una specifica classe su di un’altra, è cosa perfino scontata dire che tale dispensazione di giustizia borghese non rappresenta neanche l’ombra di una vittoria per la classe salariata. Ma, cosiderate le nebbie prodotte da una certa sinistra che ha fatto del giustizialismo, del culto per un legalitarismo interclassista (e quindi funzionale alla classe dominante), la propria logora bandiera, occorre accendere un faro anche su ciò che, nel linguaggio dei fatti, è già quotidianamente alla luce del sole. Gli organi di quello Stato che ha tratto in arresto un padrone talmente sicuro della propria posizione di dominio da sottovalutare le conseguenze mediatiche della propria ferocia, sono gli stessi che approvano i decreti flussi per rifornire simili individui di tutta la forza lavoro ricattabile e a basso costo di cui abbisognano acchè le loro aziende possano essere concorrenziali. Sono gli stessi poteri che non si fanno alcuno scrupolo morale a lasciare che la forza lavoro non ritenuta immediatamente utile al capitale di cui sono sovrastruttura, perisca nel Mediterraneo attraverso la politica dei porti chiusi e della guerra alle Ong. È lo stesso Stato che, qualora questa forza lavoro ricattabile e a basso costo dovesse osare alzare la testa, come tante volte abbiamo visto nelle logistiche o nel settore carni, pone a disposizione degli interessi padronali tutta la sua forza repressiva, con manganellate, arresti, fogli di via. Sono gli stessi organi e poteri dello Stato, infine, che hanno elaborato, varato e applicato tutte le leggi antioperaie, dall’abolizione della scala mobile al Jobs Act, passando dal pacchetto Treu e dalle varie riforme pensionistiche, per perseguire, coerentemente con la propria natura, gli interessi della classe di cui sono preposti a difesa.
Quando il proletariato assolverà al suo compito storico e, al culmine del suo cammino rivoluzionario, sarà in grado di giudicare e condannare in autonomia i propri nemici, solo allora, potremo cantare vittoria.
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