LORO E NOI - 12/05/2024
 
Uomini e coccodrilli

«Sono morti uno dopo l’altro, forse nel tentativo di salvarsi, perché amici e compagni della stessa squadra di fatiche».
Quando si tratta di commentare l’ennesima strage operaia, questa volta nel Palermitano, il Corriere della Sera (7 maggio), che per la borghesia rimane ancora tra i più valenti veicolatori di ideologia, non rinuncia alla prosa partecipativa, ai toni empatici, alle descrizioni gonfie di pathos.
Arriva addirittura a scoprire in prima pagina che oggi in Italia si lavora e si muore sul lavoro ad età in cui un tempo non lontano era normale essere da anni in pensione.
«Uno di loro aveva 71 anni, eppure era lì, a pulire le condotte».
Dopo Torino, Brandizzo, Firenze, Suviana e Napoli (ma, per carità, solo due vittime...), su gran parte dei mass media intestati alle varie frazioni borghesi è andato in scena l’ennesimo indignatissimo siparietto per l’ennesima «inaccettabile strage».
I testi degli articoli sono di fatto una variante del “coccodrillo”, ovvero articoli preparati per tempo in attesa dello spirare di personaggi noti, da dare in pasto ai lettori.
A noi di questi coccodrilli e di altri simili rettili importa poco.
Semmai rileviamo come dalle colonne di questi giornali, dagli studi televisivi, da cui oggi si levano cori strazianti per le morti proletarie, per le vittime della precarietà, del profitto ottenuto anche risparmiando sulla sicurezza, non siano mai mancati vigorosi sostegni alle innumerevoli “riforme” che hanno accentuato questa insicurezza, che hanno sancito questa precarietà (nel suo virulento degrado, la società capitalistica è riuscita persino a stravolgere le parole “riforma” e “riformisti”, che oggi indicano la propensione a far lavorare sempre di più e sempre peggio i lavoratori, pagandoli sempre meno).
La grande stampa ha appoggiato sistematicamente queste “riforme”, immancabilmente presentate come sacrifici ineludibili in nome della barca comune dell’economia, del bene pubblico, dell’Europa, della patria etc.
Il mondo politico (tanto la sua componente populista e sovranista quanto quella liberale ed europeista) ha costantemente recepito le esigenze e le richieste della borghesia, dandone puntuale attuazione in leggi con cui sono state rimosse le tutele che i lavoratori avevano ottenuto in passati cicli di lotta di classe e con cui una pensione dignitosa per i salariati è diventata un sempre più lontano miraggio (leggi che anche i populisti e i patrioti al potere si sono ben guardati dal mettere veramente in discussione). Giornalisti, ideologi, politicanti della borghesia si sono adoperati incessantemente, nei fatti collaborando pienamente oltre le proprie suddivisioni politico-elettorali, per rendere la condizione del lavoratore salariato sempre più difficile e ricattabile. Ricordiamo l’intervento di un ministro che, dopo la strage di Brandizzo, si è prodigato nell’aula parlamentare a sollevare da ogni possibile responsabilità le aziende e la legislazione su appalti e subappalti, chiamando senza alcun pudore in causa il salvifico (per i padroni) «fattore umano» (dei proletari).
Noi non ci accodiamo certo al peloso cordoglio di questi agenti della borghesia. Sappiamo che al di là di promesse e “grida” di manzoniana memoria oggi, domani e post domani ci saranno altre vittime. Sappiano che solo dalla lotta dei lavoratori, dalla loro capacità di pervenire ad una sempre più lucida e radicata coscienza dei propri interessi e di difenderli con la propria forza organizzata, può prendere forma un autentico argine contro il vergognoso, spudorato, omicida, dispiegarsi della logica del profitto. In questo processo, arduo, costellato di ostacoli e difficoltà, ma necessario, le lacrime da coccodrillo della stampa e della politica dei padroni vanno indicate e comprese per quello che sono: veleno sulla vita, sulla memoria, sulle ferite della classe operaia.