LORO E NOI - 29/04/2024
 
Il ghigno dei padroni e la retorica delle burocrazie sindacali

Nella paginata de La Stampa che ospita l’intervista al segretario piemontese della Cgil Giorgio Airaudo (16 aprile) campeggia una foto a suo modo notevole: il selfie-simbolo della convergenza padronale riprodotto su uno striscione della Fiom innalzato in corteo.
Questa immagine merita una considerazione perché documenta tanto la ferrea, connaturata continuità con cui la politica borghese (di destra e di sinistra) si unisce, si sintonizza, si lega ai grandi interessi capitalistici che sono presenti e operano nei suoi spazi di riferimento, quanto il degrado (di immagine, di forme, di metodi, di linguaggi) con cui questa continuità oggi si esprime. L’ormai immancabile selfie ritrae in primo piano le ilari figure del presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio (Forza Italia), del sindaco di Torino Stefano Lo Russo (Pd) e dell’amministratore delegato di Stellantis Carlos Tavares (che, lo ricordiamo en passant, percepisce uno stipendio annuale pari a quello di mille lavoratori Mirafiori, come è stato fatto notare in ambienti sindacali). A fare da sfondo all’allegro trio, tutti in riga, i dipendenti in divisa. In altri tempi sarebbe stata una parodia fantozziana, non la realtà dell’immagine che la grande borghesia e i suoi politici intenzionalmente danno (e possono permettersi di dare) di sé stessi alla massa dell’opinione pubblica.
Dato un simile contesto, Airaudo non può esimersi dal biasimare gli atteggiamenti, la condotta della classe politica nei confronti del gruppo Stellantis e non risparmia critiche ai partiti di centrosinistra che, in particolare per quanto riguarda il Pd, «scontano le tante ferite inferte al mondo del lavoro, dal pacchetto Treu al Jobs act».
Bene, verrebbe da commentare. Che sia forse finalmente l’inizio di una nuova storia, di un nuovo percorso, di una nuova concezione e prassi di organizzazione delle rivendicazioni dei lavoratori, di difesa delle loro condizioni contro una sempre più dolorosa precarietà? Sono segnali di una reale, fattiva presa di coscienza di quanto è stata fallimentare e di quanti danni ha provocato alla classe operaia la lunghissima attitudine sindacale a perseguire un gioco di sponda nel quadro politico borghese, a ritagliarsi spazi e ruoli, sempre più subalterni, nelle dinamiche e nelle reti delle rappresentanze e delle istituzioni governate dal capitale, a rinunciare sistematicamente alla lotta sposando il dogma della “responsabilissima” prassi concertativa, tradottasi in svendita altrettanto sistematica delle tutele e delle passate conquiste dei lavoratori?
La risposta arriva da Airaudo stesso nel prosieguo dell’intervista, affrontando l’allarme occupazionale che investe quelli che furono i siti produttivi Fiat: «Io credo che il primo passo spetti al governo: apra una discussione vera con i vertici dell’azienda. Dov’è il tanto sbandierato patriottismo di Meloni?».
La subalternità alla politica borghese non solo permane più degradante che mai, ma addirittura si spinge sul terreno della gara col Governo a chi è più autenticamente patriottico.
Non avevamo alcun dubbio in merito, ma ad ogni esibizione di queste burocrazie sindacali la conferma arriva perentoria: non è da questo ambiente, da questo mondo di specialisti delle manovre di corridoio e del disarmo di classe che potrà prendere forma un rilancio della conflittualità, della capacità di difesa proletaria. Non sarà attraverso i rituali, i maneggi, i modelli di questo mondo, corresponsabile di rovinose sconfitte operaie e promotore di carriere individuali. Comprese le sue componenti “critiche”.