Il dogma
Il numero di marzo del mensile cattolico Jesus si apre con un pezzo di Gabriella Caramore che offre un efficace esempio di come la capacità di penetrazione, la pervasività, l’apparente incrollabile verità di ideologie, la cui forza risiede nell’attuale strapotere della classe dominante, possano imporsi anche in ambiti e in riferimento a soggetti dall’indubbio spessore culturale.
L’autrice affronta brevemente il tema dell’egemonia culturale e, fatta la premessa d’obbligo sulla società attuale che sarebbe divenuta più complessa di quella dei tempi di Antonio Gramsci, passa ad una conclusione altrettanto d’obbligo: la società di oggi «poco ha a che fare con la contrapposizione fra le classi».
Quindi, una società dove la guerra è regolarmente fatta sulla pelle dei proletari mentre le borghesie si spartiscono mercati, sfere di influenza e settori capitalistici ingrassano di profitti stratosferici avrebbe ormai «poco ha a che fare con la contrapposizione fra le classi»?
Una società contemporanea in cui ricchezze abnormi si concentrano in poche mani e popoli interi crepano di fame o in fondo al mare, lungo le rotte percorse alla ricerca di una vita appena appena decente, ha ormai sostanzialmente superato la divisione e la contrapposizione di classe?
Una società, come quella italiana, dove la questione salariale può tradursi in un autentico scandalo salariale per milioni di lavoratori ha poco a che fare con questa contrapposizione di interessi sociali?
Non c’è traccia di «contrapposizione fra le classi» quando i lavoratori muoiono di precarietà, lungo i binari di un treno, stritolati in un cantiere in pieno centro cittadino o annegati nel rivolo infame della corsa al ribasso del prezzo della forza lavoro tramite le catene di subappalti?
Ci sono ideologie che, alimentate dallo strapotere della classe che domina oggi la «contrapposizione fra le classi», sono diventate pienamente dogmi.
Lo erano già quando trionfava il mito delle meraviglie della globalizzazione, capaci di regalare benessere generale e cancellare finalmente le novecentesche contrapposizioni fra classi, quando le «magnifiche sorti e progressive» del mercato liberato sembravano destinate a trovare crescenti riscontri.
Lo sono sono oggi quando la realtà del capitalismo si è incaricata di ridimensionare, fino a nasconderle sotto il tappetto della pubblica ipocrisia, queste false promesse.
Ripetere oggi il dogma della fine o della sempre più accentuata marginalizzazione della contrapposizione tra classi, mentre la classe borghese conduce una lotta spietata e il più delle volte senza purtroppo che la classe dominata riesca a costruire un minimo di argine e resistenza, significa solo una cosa: fornire un contributo, magari inconsapevole, alla prosecuzione di questa continua offensiva capitalistica, alla perpetuazione di questa dittatura di classe. |