LORO E NOI - 09/02/2024
 
Emigrazione di guerra

Il conflitto a Gaza ha ridotto la forza lavoro palestinese impiegata in aziende israeliane e creato la necessità, per lo Stato ebraico, di rimpiazzare, a basso costo, i lavoratori persi. L’India è da questo punto di vista una risorsa importante, un Paese in cui milioni di persone sono pronte a partire per trovare condizioni di vita e di lavoro migliori. «Due Stati del Nord, l’Haryana e l’Uttar Pradesh, di concerto con un’agenzia governativa, la National Skill Development Corporation, hanno accolto una proposta arrivata da Israele: reclutare manovalanza in grado di prendere il posto di quella che, dopo lo scoppio della guerra, è di fatto rinchiusa nei territori amministrati dall’Autorità palestinese». Il Sole 24 Ore del 24 gennaioDall’India a Israele per 1.500 euro al mese») riporta la storia di Sunil Kumar, un uomo di 40 anni, sposato, con due genitori, una moglie e due figlie a carico, che ha deciso di salire su un autobus per lasciare le pianure dell’India del Nord e giungere in Israele dove si è unito ad altri muratori, intonacatori e manovali in cerca di un’occupazione che permetta loro di guadagnare uno stipendio minimamente dignitoso, 137mila rupie al mese che, anche tenendo conto delle trattenute, sono quattro, cinque, per alcuni addirittura sei volte la remunerazione ricevuta nel Paese di origine. Gli uomini che hanno risposto all’appello israeliano non sono ai margini della società, hanno un lavoro, uno stipendio, un reddito che, diviso per il numero di familiari, non permette comunque di vivere e di uscire dal gradino più basso della piramide sociale, quello in cui il 49,7% della popolazione indiana vive con meno di 1.500 dollari all’anno. Sono proletari costretti a emigrare in posti per loro sconosciuti, costretti ad abbandonare la famiglia, costretti a vivere in una società che fa dello sfruttamento di alcuni la ragione della ricchezza di altri.