E vissero felici e contenti…
Considerata la desolante pochezza delle argomentazioni, delle profezie – che pure si pretendevano così definitive e incontestabili –, la loro verifica alla prova della realtà dei fatti potrebbe apparire come un crudele tiro a segno contro innocui pupazzetti ideologici. Ma non è così. Possono anche non esserne stati coscienti, ma i soloni che durante la pandemia hanno pontificato su come l’emergenza sanitaria avrebbe plasmato una nuova società, su come avrebbe innescato un rilancio del concetto di bene pubblico e delle politiche volte a perseguirlo, su come avrebbe dato vita ad un nuovo umanesimo capace di investire anche i rapporti di lavoro, hanno riprodotto e si sono prodigati a rifilare un’ennesima variante della solita, trita, falsa rappresentazione del capitalismo come formazione sociale in grado di autoriformarsi in nome di una crescente consapevolezza delle necessità che accomunano il genere umano, in grado di evolvere verso modalità di esistenza più umane e razionali per l’intera collettività in ragione della “scoperta” di esigenze collettive superiori ad ogni particolaristico interesse di classe. L’inganno di un capitalismo capace di diventare più rispettoso della dignità e del benessere di ogni essere umano senza che ci sia bisogno di passare attraverso lotte, conflitti, senza che la classe sfruttata debba organizzarsi per imporre freni ed argini alla natura vorace e predatoria del capitale.
Che lo abbiano compreso o meno, questi profeti della società capitalistica resa più umana dalla lezione della pandemia hanno contribuito a diffondere una concezione sbagliata del capitalismo, una concezione che deve essere smentita e superata per approdare alla coscienza della necessità della lotta di classe.
Secondo l’ultimo censimento della “Nuit de la solidarité”, un’operazione condotta ogni anno dal Comune di Parigi, sono oltre 3 mila le persone che vivono e dormono per strada, di cui 450 bambini. Si tratta del 16% in più rispetto al 2022, ma questo aumento del numero di famiglie per strada non si limita alla capitale francese. Il fenomeno colpisce altre grandi città come Lione, Rennes, Marsiglia e Bordeaux.
«Le associazioni del terzo settore denunciano una riduzione del numero di posti per l’alloggio di emergenza mentre alcuni alberghi convenzionati con lo Stato per offrire una stanza stanno uscendo dal sistema. I posti disponibili negli hotel sociali della regione Ile-de-France sono 2.400 in meno rispetto al 2021. La situazione viene ricollegata alla fine del periodo di pandemia: le strutture che durante la crisi del Covid-19 avevano colto l’opportunità di occupare parte dei loro locali offrendo camere al numero 115, ora stanno tornando alla loro attività turistica, più redditizia. Inoltre, secondo informazioni raccolte da “France Inter”, diversi altri alberghi stanno effettuando lavori in vista delle Olimpiadi di Parigi 2024 dopo aver cacciato i loro residenti, a volte in modo molto brutale, gettandoli in mezzo alla strada» (AGI, 5 dicembre).
Questo è il volto più “umano” del capitalismo passato attraverso l’esperienza della pandemia. Questa è l’affermazione di una maggiore consapevolezza dell’importanza del benessere collettivo resa possibile dalla lezione del Covid.
Prevale l’esigenza di massimizzare i profitti, anche a costo di lasciare dei bambini a dormire per strada. Prevale l’imperativo di rifare il trucco alle città in vista delle entrate legate a qualche kermesse internazionale, anche a costo di sacrificare la salute e la dignità degli esseri umani.
Senza lotta di classe, senza una mobilitazione abbastanza forte per imporre alle leggi del capitale le ragioni della vita umana, questa è l’inevitabile conclusione della stupida e falsa favola del capitalismo umanizzato dalla pandemia.
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