LORO E NOI - 17/11/2023
 
Amici libri

La recente storia italiana ci ha purtroppo abituato agli integerrimi “tecnici” prestati alla politica, agli illustri docenti che si sacrificano in nome delle istituzioni e del bene del Paese, assumendo loro malgrado la guida di ministeri ed enti pubblici.
Alla prova dei fatti, hanno costantemente assestato ai lavoratori, in nome della tutela degli interessi di classe della borghesia, colpi non meno violenti e accaniti di quanto abbiano fatto i cosiddetti politici di professione. Da questi ultimi in genere si differenziano per una più spiccata tendenza, svolto il proprio compito, ad atteggiarsi a vittime del dovere, a piagnucolare sulla loro sorte di uomini e donne di cultura crudelmente strappati ai loro opifici di sapienza.
È arrivato così anche il turno dell’attuale presidente dell’Autorità garante per gli scioperi. Ha svolto un ruolo centrale nel depotenziare lo sciopero indetto per il 17 novembre, annuncia che «cercheremo di rendere più stringenti le regole per proclamare gli scioperi generali» e chiosa: «regole più stringenti sarebbero a vantaggio dei grandi sindacati tradizionali e a svantaggio delle piccole sigle».
Perbacco che fervore di iniziative! Che ardore nel gettarsi nella mischia del confronto politico e sociale e nei suoi risvolti meno appariscenti ma non meno significativi (un giro di vite al diritto di sciopero ma senza dimenticare di strizzare l’occhio ai «grandi sindacati tradizionali»…). Non c’è che dire, la presidente non si tira indietro dal fare politica, anche se ovviamente ha scelto la parte socialmente forte e mostra di sapere su quali bersagli è bene oggi mirare per ottenere facili consensi senza timori di qualsivoglia sussulto su larga scala da parte di una classe lavoratrice italiana che continua a pagare per tutti.
Eppure non è felice.
Lamenta il «clamore inatteso». Si confida su La Stampa (15 novembre): «Ma io sono una persona riservata, una professoressa universitaria e i miei amici sono i libri: non sono abituata alla politica e alle sue polemiche. Questa storia mi ha molto stressata».
Si rincuori, esimia professoressa.
Ci sono almeno due importanti ragioni che possono lenire la sua angoscia intellettuale per la provvisoria distanza dagli “amici libri”.
Primo. Per sua fortuna si trova a doversi confrontare con sindacati confederali che saranno pure, come li ha definiti, «grandi» e «tradizionali», ma che ormai hanno perso ogni attitudine e propensione ad organizzare la lotta dei lavoratori, a rivendicare seriamente un miglioramento delle condizioni di quel mondo del lavoro che dovrebbero rappresentare. Sono guidati da burocrazie che appartengono al suo mondo, illustre professoressa, non a quello di chi deve arrivare a fine mese con un salario sempre più inadeguato e sempre più vantaggioso invece per il padronato.
Secondo. Se lei è «stressata» si immagini come stanno psicologicamente i lavoratori che stentano a tirare avanti, che devono mettersi alla ricerca di un impiego per poter campare e si vedono offerte condizioni di lavoro insultanti, che devono lavorare in condizioni di grave insicurezza. Pensi a quale stress devono affrontare le famiglie dei lavoratori che sono morti perché la necessità di un salario, la vergognosa ricattabilità a cui sono sottoposti li hanno costretti a lavorare anche a rischio della vita.
Siamo d’accordo almeno su una cosa: la vostra politica è brutta, fatta di polemiche stupide e false, di demagogia e inganni, di interessi protetti nella dissimulazione, di ipocrisia istituzionalizzata.
L’avete fatta voi così, la vostra classe.
Almeno risparmiateci i piagnistei.