La pulizia etnica democratica
Oggi ormai si può constatarlo senza dubbi e preoccupazioni di smentite: nella regione del Nagorno Karabakh, un tempo enclave armena in territorio azero, si è consumata una pulizia etnica. Le forze dell’Azerbaigian, approfittando del mutamento degli equilibri economici e militari nella regione, di sviluppi che hanno interessato il ruolo di potenze come la Russia e la Turchia, hanno sferrato un attacco che ha rapidamente posto fine all’esistenza di questa entità autonoma, innescando la fuga in massa dei suoi abitanti. Il tutto senza alcuna sollevazione delle cancellerie e delle diplomazie di quei Paesi imperialisti in altri frangenti così fieramente e sonoramente schieratisi a difesa dei diritti umani, della civiltà del diritto, della tutela della popolazione civile, del rifiuto del ricorso alle armi come strumento di soluzione delle controversie etc.
Particolarmente significativa – e rivelatrice della connaturata, disgustosa ipocrisia del capitalismo e delle borghesie al potere in tutti gli Stati del mondo – è stata la (non) reazione delle istituzioni dell’Unione europea, sedicente quintessenza della politica al servizio della pace, della democrazia, dei diritti dei popoli. Secondo il New York Times (26 settembre), la riluttanza di Bruxelles ad agire contro l’Azerbaigian è dovuta all’accordo siglato l’anno scorso con Baku per raddoppiare entro il 2027 le forniture di gas alla Ue. Sul quotidiano tedesco Die Tageszeitung è stato fatto notare come l’Unione europea abbia osservato senza intervenire il blocco che per mesi ha determinato il tracollo delle condizioni di vita della popolazione del Nagorno Karabakh e abbia continuato ad acquistare gas dalla «dittatura azera» nonostante tutto facesse prevedere un’escalation del conflitto, mostrandosi così «insensibile alla situazione degli armeni» (Internazionale, 6/12 ottobre). Siamo consapevoli di quanto sia storicamente complessa la situazione di quest’area del Caucaso e come non si possa tracciare linee manichee su base etnica o nazionale, ma rimane il fatto che migliaia e migliaia di abitanti del Nagorno Karabakh hanno dovuto abbandonare le proprie case e mettersi sul cammino dei profughi nel sostanziale disinteresse di quelle potenze che in altri momenti e situazioni si proclamano paladine della giustizia internazionale. Il bello – si fa per dire – è che la “diversificazione” energetica di cui sono parte gli accordi con l’Azerbaigian è stata enfatizzata da parte europea come esigenza di sganciarsi dalla dipendenza dall’imperialismo russo e come punizione per le sue malefatte. Nel gioco ipocrita dell’imperialismo ci sono sempre invasioni e dittature “buone” o “cattive”, deportazioni e massacri per cui indignarsi e persino chiamare alle armi e altri di fronte ai quali è bene volgere lo sguardo altrove. La morale del capitale ha bisogno di sostanziosi, concreti motivi, di opportune condizioni per diventare operante e persino agguerrita, in caso contrario è una predica che può essere tranquillamente dimenticata e lasciata scivolare nel più crudele oblio, anche di fronte al ripetersi di orrori che in altri momenti diventano l’insopprimibile urgenza umanitaria per cui bandire l’ennesima crociata della democrazia. Evidentemente nel Caucaso è stata attuata una pulizia etnica, ma democratica...
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