“Differenziata”
Il 12 agosto, a seguito del suicidio di due detenute in meno di 24 ore, si teneva la visita del ministro della Giustizia Carlo Nordio al carcere delle Vallette di Torino, teatro appunto dei tragici fatti. Durante la conferenza stampa che ne seguiva, il ministro esibiva uno sfacciato tono autoassolutorio: «Lo Stato non abbandona nessuno. Purtroppo il suicidio in carcere è un fardello di dolore che affligge tutti i Paesi al mondo». Il suicidio in carcere «spesso è imprevedibile» e legato «a ragioni imperscrutabili». Secondo il ministro «Non esiste un mistero più insondabile nella mente umana come quando decide di adottare soluzioni così estreme» (Adnkronos 13 agosto). Lo Stato, in altre parole, ha la coscienza a posto. Il suicidio di chi, per comportamenti spesso e volentieri conseguenti al dispiegarsi delle contraddizioni capitalistiche, viene recluso in una cella sovraffollata di pochi metri quadri, con la prospettiva – soprattutto se proletario – di un marchio indelebile che ne comprometterà la vita futura, reca alle proprie radici ragioni che attengono unicamente alla sfera dell’insondabilità. Ma il peggio doveva ancora venire. Contro il sovraffollamento delle carceri, infatti, Nordio proponeva di spostare parte dei detenuti nelle caserme in disuso, riattandole per quel che definiva «detenzione differenziata tra detenuti di diversa pericolosità» (Rai News 12 agosto). Si tratta, in fondo e nientemeno, di una corretta gestione degli scarti: per i rifiuti domestici abbiamo già la raccolta differenziata. Per i rifiuti umani della società capitalistica, ci sarà la detenzione differenziata.
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