LORO E NOI - 17/07/2023
 
Ma anche no, grazie

Nelle pagine dedicate alla cronaca milanese il Corriere della Sera del 12 luglio dava ampio risalto ad una “lodevole” iniziativa.
La regione Lombardia ha premiato 52 (cinquantadue) botteghe e/o esercizi commerciali esistenti da almeno 40 anni in Milano e Provincia.
Sacrificati ad un fisco infame, spesso costretti (nonostante le “innovazioni” che nel corso del tempo hanno sempre più relativizzato il principio che una prestazione lavorativa debba essere pagata) a sborsare soldi per lo stipendio di quei dipendenti che non si accontentano della preziosa occasione formativa costituita dal lavorare nelle prestigiose botteghe, votati nonostante tutto ad alzare ogni mattina la saracinesca in un Paese – come vuole la vulgata della borghesia italiana, tanto incline al vittimismo quanto attenta a non cedere un millimetro dei propri privilegi – ostile all’imprenditoria e all’iniziativa individuale (un Paese dove evidentemente spadroneggia la classe operaia e in cui precarizzazione e salari vergognosi sono solo leggende urbane con cui dissimulare una dittatura del proletariato di fatto…). Insomma, per questi borghesi, privi – come vuole ancora e sempre la suddetta vulgata – di qualsivoglia influenza, protezione e rappresentanza politica, si tratta di una vita d’inferno. Che soddisfazione però vivere liberi dalle costrizioni del dover vendere la propria forza lavoro ad altri imprenditori, essendo essi invece imprenditori di sé stessi.
Stendiamo un pietoso velo su queste vecchie e becere ideologie.
Constatiamo invece che di premi per la nostra classe ce ne sono sempre meno. I governanti di destra e sinistra della borghesia italiana, berlusconiani o prodiani, leghisti o ulivisti, hanno sistematicamente reso la classe lavoratrice sempre più precaria e ricattabile. In nome delle sacre e ferree leggi del mercato e della sostenibilità delle pubbliche finanze, ovviamente. Le stesse leggi che invece possono essere adeguatamente depotenziate, aggirate o bellamente ignorate quando si tratta di imprenditori della balneazione, delle prerogative del sistema bancario, degli intoccabili diritti ad una pressione fiscale su misura di salariato e ad un’inflazione “da profitto” (solo i salari devono essere sacrificati in nome del contenimento della spirale inflattiva, così impone l’economia politica “reale” della borghesia). La facilmente commovibile professoressa Fornero ha pensato bene che 40 anni di lavoro fossero pochi, il frizzante Renzi ha pensato che i padroni facevano troppa fatica a licenziare. Il populista Conte, il sovranista Salvini, Draghi “il migliore” e la patriottica Meloni, hanno tutti ereditato e mantenuto questi punti fermi dell’intensificazione dello sfruttamento proletario. Altroché premi per questi sciagurati venditori della propria forza lavoro, che si possono persino permettere ferie e cassa malattia (per fortuna della “povera” borghesia sempre più lavoratori hanno visto ridimensionato nei fatti l’accesso a questi “privilegi”) e che poi, se dovessero entrare nel vasto numero dei feriti e dei morti “sul lavoro”, vabbè dove si pialla cadono trucioli...
Ma noi in realtà non ambiamo a questi premi. Che se li distribuiscano tra loro, questi riconoscimenti borghesi. Noi abbiamo un mondo da guadagnare.