LORO E NOI - 24/02/2023
 
Il duro piano del destino?

La notte tra il 5 e il 6 febbraio, una serie di scariche di terremoto hanno colpito, in particolare, le Province di Kahramanmaraş e Gazientep in Turchia ed il Nord della Siria. Le scosse principali sono state di 7,5 e 7,8 Mww (scala di magnitudo del momento sismico, valori simili a quelli della scala Richter), hanno causato la distruzione di migliaia di palazzi e decine di migliaia di vittime.
Le stime del momento hanno superato i 41mila morti, di cui circa un decimo in Siria, ma, secondo molte previsioni, la cifra potrebbe tranquillamente raddoppiare, poiché i dispersi sono ancora moltissimi e, nonostante qualche salvataggio quasi miracoloso, la speranza di trovare superstiti si riduce continuamente.
Un evento tragico, ma è stato veramente, come ha detto Erdogan, «parte del piano del destino» (12 febbraio, BBC, “Turkey earthquake: 113 arrest warrants connected to building construction”)?
A quanto pare, no. Secondo molti esperti, edifici costruiti secondo attuali norme antisismiche e le migliori capacità tecniche dell’edilizia avrebbero dovuto resistere senza troppi problemi alle scosse. Questo anche perché, pur essendo stata rilasciata una grande quantità di energia, l’area colpita è molto grande, e l’accelerazione subita dal suolo per effetto della scossa non ha valori particolarmente alti. La spiegazione sembra più che altro riconducibile ad una politica economica ben precisa che da anni caratterizza il rapporto tra i costruttori edilizi e lo Stato.
La corruzione è ovunque presente e una corsa al risparmio sulla quantità (l’acciaio è fondamentale per rinforzare la struttura in cemento armato e per migliorare la resistenza, ma è usanza tipica ridurne la quantità, per risparmiare) e sulla qualità dei materiali utilizzati è una componente fissa delle costruzioni.
La Turchia è zona sismica e già nel 1999 un terremoto causò oltre 17mila decessi, portando a continui aggiornamenti sulle leggi per la costruzione di nuovi palazzi, ma le compagnie mandate dal governo a supervisionare la realizzazione sono pagate dalle stesse imprese edili e svariati condoni edilizi negli ultimi anni hanno reso ancora più grave una situazione già critica. Infatti, molti dei palazzi crollati durante il sisma sono stati inaugurati dopo il 2019, compresi appartamenti pubblicizzati come “completati in osservanza delle più recenti leggi antisismiche” e con materiali “di prima qualità”. Pochi giorni prima del sisma, i media locali avevano parlato di nuovi condoni programmati da Erdogan, dopo quelli del 2018 (approvati anche dall’opposizione).
Il mandato di arresto di oltre 100 costruttori sembra a molti un modo per spostare l’attenzione dalle colpe di un’amministrazione inadatta, mentre è sempre più evidente come, in una società mossa dall’interesse economico e dalla ricerca del massimo profitto, il prezzo delle vite umane messe a repentaglio sia inferiore a quello intastacabile nell’immediato da un’edilizia al risparmio.
Ancora una volta il prezzo salato delle contraddizioni capitalistiche è pagato da una classe lavoratrice morta o senza più un tetto sopra la testa nel gelido inverno.