«A sostegno del popolo ucraino»
La borghesia italiana vuole la sua fetta della torta della ricostruzione dell’Ucraina. Una missione guidata dal presidente di Confindustria Carlo Bonomi e dal ministro delle Imprese e del Made in Italy (rigorosamente in inglese, quando si tratta di soldi i patrioti al Governo sanno diluire le loro battaglie identitarie) Adolfo Urso ha raggiunto Kiev, dove ha incontrato le massime autorità e aperto una sede di rappresentanza.
Con una guerra che sta distruggendo intere città, con i missili dell’imperialismo russo che stanno colpendo infrastrutture e stabilimenti, il business si annuncia interessante e la concorrenza, anche nel campo delle democrazie occidentali, è agguerrita. La ricostruzione (si legga investimenti e prestiti) e la connessa ridefinizione politica di quello che sarà lo spazio ucraino dopo la fase più acuta del conflitto militare sono parte di un confronto imperialistico che non è iniziato il 24 febbraio dell’anno scorso, quando le forze di Mosca attaccarono su vasta scala il territorio ucraino. La corsa al mercato della ricostruzione e al ridisegno delle influenze è pienamente coerente con la natura imperialista della guerra in Ucraina. L’imperialismo in affanno ha dovuto ricorrere direttamente e platealmente allo strumento militare, quelli più forti si possono permettere di ricorrere all’artiglieria pesante dei flussi enormi di capitali e al sostegno bellico miliardario a distanza. Quelli più defilati, come l’imperialismo italiano, cercano di non perdere il treno dei profitti della pace imperialista senza troppo spendersi nella guerra. Tutti puntano a rafforzare le proprie posizioni nell’area nevralgica più direttamente interessata dal conflitto e in generale nel divenire dei rapporti di forza globali. Il tutto sulla pelle, in primis, dei proletari ucraini e russi. Utilizzati come carne da cannone nella spartizione bellica e come carne da sfruttamento nel nome degli interessi economici della patria o della ricostruzione più o meno democratica.
Bonomi, nel cercare di piazzare le proprie pedine nel ghiotto gioco della ricostruzione ucraina, non ha mancato di ricordare come «la nostra associazione è la prima ad aver espresso direttamente l’impegno di migliaia di imprese a sostegno del popolo ucraino» (Il Sole 24 Ore, 13 gennaio).
Che guerra imperialista, che spartizione imperialista sarebbe se non fosse condotta nel nome dei popoli? |