Il mestiere delle armi
È già capitato che taluni ambienti specialistici, formati da esperti e studiosi di tematiche militari, manifestino una certa insofferenza, un certo distacco nei confronti delle più dozzinali campagne ideologiche e propagandistiche che accompagnano lo svolgimento di guerre e operazioni belliche. Intendiamoci, non si tratta di riconoscere in questi ambienti un chissà quale germe di critica rivoluzionaria, di consapevolezza politicamente coerente delle contraddizioni e dei limiti di quel sistema capitalistico da cui traggono origini le guerre contemporanee. Sono esperti, “tecnici” oggettivamente al servizio di interessi borghesi, i loro ideali sono differenti e antitetici rispetto ai nostri, il loro orizzonte è confinato entro l’accettazione della società divisa in classi e delle sue esigenze (avviluppate di volta in volta nei colori delle bandiere nazionali, nelle memorie di glorie guerriere che non tollerano coscienza di classe e prospettive storiche autenticamente rivoluzionarie, in un orgoglio di casta che non può emanciparsi veramente dalla sottomissione alle leggi del capitale).
Ma non è impossibile che la loro professionalità, la loro formazione ed esperienza, li renda insofferenti e restii ad essere automaticamente intruppati tra la manovalanza ideologica, nello squallido circo mediatico e propagandistico che il conflitto tra interessi borghesi, giunto allo scontro militare, inevitabilmente mobilita.
I bombardamenti russi sulle infrastrutture energetiche ucraine hanno suscitato alte, vibranti, appassionate condanne da parte dei vertici politici e dei media dello schieramento imperialista avverso a quello russo: vili attacchi, terrorismo, crimine di guerra…
Sulle pagine di RID, storica rivista specialistica italiana del settore militare, si è voluto precisare (dicembre 2022): «Colpire la rete elettrica, così come ferrovie, ponti, infrastrutture, centri industriali, ecc, è naturalmente perfettamente legittimo da un punto di vista militare» (e la rivista cita, ad esempio, l’impiego di speciali missili cruise da parte statunitense contro la rete di distribuzione elettrica della Serbia).
E gli esempi storici potrebbero riempire pagine e pagine di orrori dell’imperialismo: città rase al suolo, quartieri popolari sventrati, obiettivi civili spianati (all’occorrenza attingendo dagli arsenali gli ordigni più distruttivi, bombe atomiche comprese), popolazioni ridotte scientemente alla fame. Che fosse Nanchino, Varsavia, Leningrado, Dresda o Hiroshima, le popolazioni libiche deportate o quelle indiane ridotte alla fame, gli algerini torturati o le campagne vietnamite da irrorare con il napalm e i veleni prodotti industrialmente o le comunità afghane e irachene massacrate più o meno “per sbaglio” dai vari loro “liberatori”, quando si tratta degli imperialismi “buoni” (e ogni imperialismo si autorappresenta per definizione come “buono”) la mano pesante su infrastrutture e obiettivi civili diventa per incanto un costo necessario (e su cui è bene non concentrare eccessivamente l’attenzione) della guerra “giusta”, “civilizzatrice” o “democratica”.
La vergogna, l’inganno, la truffa non è indicare e denunciare la reale barbarie dell’imperialismo russo, che effettivamente persegue i suoi interessi anche a prezzo di arrecare immenso dolore a intere famiglie, popolazioni civili, bambini. L’imbroglio vergognoso è pretendere che in questa guerra sia solo l’imperialismo russo a possedere questa vocazione alla distruzione e alla rapina, questa propensione alla barbarie. In ogni guerra imperialista, l’inganno scandaloso, la truffa a beneficio di determinati interessi capitalistici e ai danni di tutto il proletariato mondiale, è indicare in un solo campo, in un solo schieramento imperialistico il responsabile dell’orrore che invece germina inevitabilmente dai tessuti di un intero sistema, dal mondo intero assoggettato al capitale, dalle sue logiche più intime e profonde.
|