LORO E NOI - 31/12/2022
 
Libertà e responsabilità nel capitalismo

Il Giorno del 24 dicembre riporta l’ennesimo episodio di ordinaria brutalità capitalistica. Brutalità insita sia nell’episodio stesso descritto dal quotidiano lombardo, sia nel contenuto dei commenti di figure istituzionali che nelle intenzioni della borghesia in livrea democratica dovrebbero essere preposte alla tutela dei soggetti che in questa vicenda sono stati, invece, quantomeno privati della dignità di esseri umani.
Milano, anno domini 2022. Una giovane coppia che versa nella più squallida indigenza, ha rinunciato a riconoscere legalmente il figlio appena nato, lasciandolo dunque in ospedale in attesa di adozione. «Mi hanno dato dieci giorni di tempo per riconoscere mio figlio. Ma come farebbe a sopravvivere con me al gelo?», domanda Sabrina, la madre 23enne che assieme al suo compagno vive in una tenda allestita alla bene e meglio presso la stazione di San Donato. D’altro canto lui, 29 anni, ex pizzaiolo, «ha perso il lavoro» (comoda formula per sollevare da ogni responsabilità l’imprenditore che ha licenziato il dipendente), e lei ha problemi di salute. E non essendo dunque funzionali al processo di valorizzazione del capitale, unico parametro di merito nella società capitalistica, non sono meritevoli nemmeno di avere un tetto sulla testa. A suggellare questo ormai consolidato angolo di prospettiva è il procuratore capo del tribunale per i minorenni di Milano, che rammaricandosi per i tanti «ragazzi che si perdono senza che nessuno faccia niente per accompagnarli verso un progetto di vita accettabile» si appacifica con l’amara, ma d’altro canto non mutabile, realtà: «I genitori in queste condizioni disagiate non sarebbero stati in grado di tenere con sé il bambino e credo che la loro scelta sia stata in qualche maniera la più responsabile».
Ma il festival della falsa coscienza di fronte ad un sistema di rapporti sociali che, descrivendo sé stesso come alfiere della civiltà, surrettiziamente costringe una madre a separarsi per sempre dal bimbo che ha appena partorito, non termina con l’atteggiamento risoluto del procuratore. A intervenire via Twitter (come oggi pare quasi d’obbligo), è addirittura la ministra della Famiglia Eugenia Roccella, che con una frettolosità ed una approssimazione sconcertanti a fronte della gravità della situazione in questione, commenta: «[...] Di questa vicenda non conosciamo abbastanza, solo le notizie riferite dagli organi di informazione, fra cui le parole della ragazza […]. Non possiamo avere la certezza che in condizioni diverse Sabrina avrebbe tenuto il bambino, sappiamo però che queste sono le motivazioni addotte. E sappiamo che sono tante le Sabrina che rinunciano alla maternità per ragioni economiche. Non serve una legge, perché la legge c’è. È la 194, e andrebbe soltanto attuata. Perché anche tanti che a parole la difendono poi non la mettono in pratica nella sua interezza. Anche questo è un problema di libertà femminile».
Non sappiamo se la ministra abbia voluto riferirsi a quei vaghi quanto demagogici cenni circa gli aiuti che i consultori dovrebbero fornire alle madri in difficoltà onde «rimuovere le cause che [le] porterebbero alla interruzione della gravidanza» contenuti nelle prime righe dell’articolo 5 della legge 194, oppure, in maniera più spiccia, suggerisse di “risolvere” la difficile condizione economica di questa famiglia attraverso il ricorso all’interruzione di gravidanza, sancendo così come il diritto ad avere una famiglia sia sempre più legato alla classe sociale di appartenenza. Rimane il fatto concreto e incontestabile che degli esseri umani, costretti a vivere come scarti della società nel cuore pulsante del capitalismo italiano, non hanno possibilità di altra scelta “responsabile”, non hanno altra forma di esercizio della loro “libertà”, se non quella di rinunciare ai propri figli e alla propria esistenza come famiglia. La realtà oggettiva, in una società capitalistica che si riempie la bocca a più non posso di parole come “valori tradizionali” e “famiglia”, è che l’essere umano è una merce. E che le sue aspirazioni ad istaurare legami famigliari, dipendono esclusivamente dal suo valore reale nel mercato della vita umana.