LORO E NOI - 20/09/2022
 
In pellegrinaggio a Parigi

La ristrutturazione industriale di cui Stellantis si appresta ad essere teatro e la necessaria lotta degli operai per tentare di sottrarre il loro destino agli effetti più deleteri che tale riorganizzazione gli imporrà, sono state l’ennesima occasione, per i sindacati maggiormente rappresentativi, di rivelare la propria inadeguatezza nel compito di organizzare efficacemente una mobilitazione, i cui esiti si rifletteranno, come sempre avviene nelle vertenze Fiat, sull’indirizzo d’azione della borghesia nei confronti del proletariato su scala nazionale. Il Fatto Quotidiano (edizione online) del 7 settembre, riporta la presa di posizione del leader della Fiom Michele De Palma, dopo che istituzioni e azienda hanno bellamente snobbato i sindacati, non invitandoli alla riunione che si terrà il 20 settembre tra l’amministratore delegato di Stellantis Carlos Tavares, il sindaco di Torino Stefano Lo Russo e il governatore del Piemonte Alberto Cirio. Posto in primo luogo che tale disinteresse dei soggetti borghesi in questione nel coinvolgere ai loro tavoli i sindacati altro non è che il risultato dell’indebolimento di questi ultimi, sancito e corroborato da decenni di abdicazione dal ruolo di rappresentanti degli interessi dei lavoratori, di collaborazione nei fatti con la controparte datoriale, di azioni rivendicative raramente lanciate a parole e mai seguite da fatti realmente rilevanti, di proditoria indolenza in occasione dei più gravi attacchi alle garanzie dei lavoratori. Posto poi che solo il ribilanciamento dei rapporti di forza a favore del proletariato potrà riaprire quegli spazi d’azione, oggi ridotti al minimo, di cui i sindacati – in una certa misura persino quelli ormai disponibili alla più squalificante collaborazione di classe – abbisognano. Posto dunque tutto ciò, come fare per recuperare un po’ di peso sulla bilancia dei rapporti di forza per non apparire così irrilevanti? Forse facendo sentire la propria forza nelle fabbriche? Forse organizzando scioperi simultanei in tutti gli stabilimenti ex Fiat, con l’obbiettivo di riprendere la produzione solo dopo che i rappresentanti dell’azienda siano scesi a più miti consigli, prendendo sul serio i lavoratori e quelli che in teoria dovrebbero essere le organizzazioni preposte alla difesa dei loro interessi? Forse stabilendo un contatto con le organizzazioni sindacali negli altri Paesi in cui Stellantis è presente, ed industriandosi per attuare con loro azioni di lotta coordinate, in modo da mostrare la vera forza dei lavoratori, quella che è in grado di sabotare gli interessi di un grande gruppo internazionale, con azioni, appunto, su scala internazionale? Macché! La proposta è di ben altro tenore. Dice infatti De Palma: «Se entro un tempo plausibile non ci sarà un incontro tra i sindacati e l'ad di Stellantis, lancio un appello alle altre organizzazioni sindacali perché siamo noi ad organizzare i lavoratori e i delegati degli stabilimenti per andare a Parigi ad incontrarlo». Insomma: se Tavares non considera i sindacati come interlocutori, non bisogna porre in essere azioni di lotta che lo costringano ad alzare il sedere per recarsi a trattare coi lavoratori e le loro organizzazioni, ma bisogna piuttosto portare in pellegrinaggio a Parigi una delegazione di funzionari sindacali ed Rsu per chiedere (speriamo non in ginocchio) di essere ascoltati. Ad aggiungere poi una nota di ulteriore svilimento è la puntualizzazione di De Palma il quale, evidentemente preoccupato di aver lanciato una proposta dai toni troppo arditi, sottolinea: «Andare a Parigi non è una provocazione, è ricerca di un dialogo», poiché il sindacato vuole «il confronto prima dello scontro». Atteso che “lo scontro” sono decenni che i sindacati confederali non lo considerano neppure più un’opzione (e questo i padroni lo sanno benissimo, tanto da non dare neanche più peso alle minacce remote di eventuali scioperi, quando appunto sono i confederali a pronunciarle), su di una cosa siamo d’accordo con De Palma: questa non è una provocazione. È piuttosto l’ulteriore prova di inconsistenza ed inadeguatezza. È l’ennesimo sfoggio di totale subalternità nei confronti di una borghesia con la quale i sindacati confederali pensano (a torto) di aver trovato un tacito accordo di quieto vivere sulla pelle dei lavoratori.