LORO E NOI - 19/07/2022
 
Collettivizzazione forzata

È bastato cercare tra le parole, le considerazioni, le valutazioni del custode della Marmolada (parole sofferte, in realtà per nulla finalizzate ad essere “sparate” in prima pagina) dopo la tragedia causata dal distacco di una porzione di ghiaccio, e Repubblica ha potuto uscire col titolone: «I colpevoli siamo noi» (5 luglio).
I dissesti, i pericoli generati dal cambiamento climatico avrebbero, quindi, un chiaro colpevole: noi.
Ma noi chi?
Noi gli operai di Taranto, di Casale Monferrato e di Bagnoli, noi gli abitanti di tutti quei quartieri proletari che hanno pagato il loro proletario diritto alla vita nella società del capitale esponendosi ai rischi mortali di quell’inquinamento industriale che ha rivestito invece i profitti accumulati dai padroni?
Noi gli operai asiatici che alimentano con la loro vita le officine del mondo e lo slancio competitivo degli arrembanti capitalismi protesi verso nuovi posti d’onore nella spartizione del mercato mondiale, avvelenando e spremendo i propri lavoratori?
Noi le comunità povere africane intossicate dai rifiuti tecnologici riversati su di loro dal trionfante capitalismo globale? Noi i lavoratori delle spaventose discariche del continente africano, costretto a diventare la “pattumiera elettronica del mondo”?
Noi che dobbiamo andare al lavoro, in fabbrica, in ufficio, nei magazzini della logistica, nei centri commerciali, nei campi della raccolta, non potendo fare a meno dell’auto?
Noi che, dopo aver venduto quotidianamente il meglio della nostra vita e delle nostre energie al capitale, magari prendiamo l’auto per andare a trascorrere una giornata di svago con la famiglia?
Noi che non possiamo permetterci di passare seduta stante all’auto elettrica o di dotarci di un’abitazione all’avanguardia in termini di consumi energetici e dispostivi di tutela ambientale?
Noi lavoratori che, per sfuggire al caldo soffocante, teniamo acceso il condizionatore sul luogo di lavoro in modo da cercare di arrivare a fine mese economicamente e fisicamente?
Noi che, tornati a casa dopo essere stati torchiati sul posto di lavoro, accendiamo il condizionatore e veniamo pure bacchettati dal banchiere internazionale di turno come complici del proseguimento di una guerra imperialista?
Oppure si intende che colpevole è il genere umano in quanto tale, senza distinzioni sociali, senza alcun conto della forma di organizzazione sociale specifica in cui questo genere umano si relaziona con i processi naturali?
È evidente che la formula del “noi” colpevolizzante ha un preciso significato di classe: tutti colpevoli significa scagionare il capitalismo, significa che sfruttati e sfruttatori, vittime e profittatori dell’inquinamento e del degrado ambientale sono tutti sullo stesso piano di fronte ad una responsabilità collettiva che non distingue più le origini profonde delle contraddizioni di una società.
Questa collettivizzazione forzata della colpa equivale ad un via libera per una nuova ristrutturazione produttiva, per un rilancio di settori del mercato, per una muta del capitalismo i cui costi ricadranno sulle spalle di quella classe sfruttata che già ha pagato maggiormente i costi del dissesto ambientale.
Di fronte a questi scenari, saper distinguere “Noi” e “Loro” non ha nulla di pedante, di dogmatico. È una necessità vitale per la nostra classe.