Cespugli, cocomeri e quattro chiacchiere sulla lotta di classe
«Io godo di questa dotta disputa; e ringrazio il bell’accidente che ha dato occasione a una guerra d’ingegni così graziosa».
Mancava solo la voce untuosa del dottor Azzecca-garbugli – tra gli ospiti alla tavola di don Rodrigo, teatro di discussioni fatue, di chiacchiere tanto altisonanti quanto meschine nel loro reale contenuto – all’interno del “dibattito” che ha impreziosito le manovre per formare l’ennesima lista tra i cespugli di sinistra dello schieramento parlamentare borghese. Lorsignori, intenti alla confezione del nuovo accrocco acchiappa voti (almeno sperano), si sono concessi anche qualche battuta sui compiti della lotta di classe e sul capitalismo. D’altronde languire nelle pieghe delle istituzioni borghesi, vivacchiare assecondando tutte le retoriche, tutti gli slogan e le mode di un progressismo interclassista sempre più fiacco e palesemente asservito agli interessi capitalistici “green” ed “equi e solidali”, tirare avanti tra infiniti maneggi nel sottoscala del carrozzone elettorale, tutto questo può intristire. E può talvolta nascere il subitaneo ed effimero bisogno di una boccata d’aria fina, da attingere dalle vette delle grandi categorie del pensiero politico alto. È affare di un istante, ovviamente, e per giunta inevitabilmente contaminato dalle logiche ammorbanti di una prassi politica per cui “lotta di classe” è solo un vezzo intellettuale, se non una formula con cui nei fatti osteggiare e negare la vera lotta di classe del proletariato. Ma può regalare gustosi momenti di una commedia all’italiana dal vero, di una pantomima scadente ma capace di mostrare i tratti ancora embrionali e già avvizziti di operazioni opportunistiche in fieri.
Alla citazione attribuita a Chico Mendes sull’ambientalismo che, senza lotta di classe, è solo giardinaggio, Nicola Fratoianni (segretario di Sinistra italiana) ha pensato di rispondere con un suo personale aggiornamento: «La lotta di classe senza ambientalismo rischia di fare qualche danno». Dall’ex ministro Lorenzo Fioramonti giunge addirittura un monito: è ora di smettere «di abbracciarci al capitalismo più scemo» (tralasciando le ragioni di questa protratta corrispondenza d’amorosi sensi, non si può che salutare l’ennesima scoperta di un capitalismo “buono” a cui abbarbicarsi senza pudore).
Su queste dotte dispute aleggia infine l’allegoria, entro cui racchiudere l’identità dei “verdi fuori e rossi dentro”, sintetizzata da Eleonora Evi, co-portavoce nazionale di Europa Verde: «Io mi sento un cocomero» (Domani, 3 luglio).
Non ci rimane che concludere tornando al capolavoro manzoniano e al povero fra Cristoforo, posto di fronte alle miserie della conversazione alla tavola di don Rodrigo.
«Che si poteva mai rispondere a ragionamenti dedotti da una sapienza così antica, e sempre nuova? Niente: e così fece il nostro frate».
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