LORO E NOI - 21/04/2022
 
Problemi sociali e “soluzioni” individuali

È ancora fresco l’inchiostro pagato dalla borghesia nel tentativo di denigrare la capacità umana di complessificare, che già sulle pagine di Repubblica (edizione online, 22 marzo) si trova l’indizio di una nuova bordata al più generico «pensar troppo».
L’anti-razionalismo borghese sta raggiungendo vette notevoli.
L’angolo scelto per questo “nuovo” attacco è quello fornito dalla psicologia.
Nel suo articolo intitolato «Vuoi star bene? Comincia a pensare di meno», l’autrice riporta le riflessioni dello psicologo statunitense Nick Trenton in merito allo stress e all’ansia che attanagliano l’uomo moderno. Secondo l’autore del libro «Smetti di pensare troppo», la causa di tali risposte psicofisiche sarebbe la tendenza al “pensar troppo”; pensare troppo sia ai problemi del passato che a quelli del futuro. Evitando “i fattori di stress” (poco importa che in molti casi evitabili non siano) e padroneggiando l’abilità di svuotare la mente, secondo l’autore, l’uomo si libererebbe dall’infelicità, dovuta principalmente all’incapacità di controllare una realtà che non potrà mai coincidere con le aspettative umane. Tradotto: se un operaio in fabbrica rischia il licenziamento, è inutile che si stressi pensando a che ne sarà del suo futuro, così come è inutile che provi ad opporsi al licenziamento. La psicologia assolve il suo compito spiegando all’operaio che ad essere importante non è tanto la realtà oggettiva, il fatto che potrebbe venir licenziato, bensì il modo in cui lui deciderà di reagire a tale cambiamento. Il fatto diventa immutabile e alle prospettive future sarebbe meglio non pensare. Per vivere felici l’importante è vivere nel presente. Poco importa che il presente presenti per la classe salariata dei tratti assolutamente inumani. Che questa sia la risposta borghese ad un male che affligge anche il proletariato non deve tuttavia stupire: al malessere dei salariati la borghesia non può dare alcuna risposta definitiva. Così come di fronte all’infortunio sul lavoro ci sarà sempre anche una lettura ideologica mirata ad individuare le responsabilità personali dell’operaio infortunato, allo stesso modo, di fronte ad un ingegnere in burn out o ad un ricercatore clinicamente depresso, la borghesia non potrà che rispondere indicando come soluzione la strada della mindfulness. “Soluzioni” individuali per problemi sociali.
Non è tutto. La lettura ideologica dei disturbi derivanti da stress lavorativo spesso è accompagnata dalla convinzione che in realtà certi problemi psicologici siano appannaggio dei soli strati più agiati della nostra classe, quando non addirittura delle altre classi. Non si arriva al malessere psicologico solamente se si è riusciti a liberarsi dei problemi più “materiali”, spesso tali disturbi insorgono proprio nel momento in cui i problemi materiali non riescono più ad essere gestiti altrimenti. È vero che il proletariato di oggi reagisce probabilmente in maniera diversa rispetto al passato a situazioni lavorative anche molto simili, ed è vero che tali “nuove” reazioni potrebbero essere collegate sia con il livello di istruzione subita da alcuni comparti della nostra classe che, più in generale, con alcuni mutamenti sociali che hanno nel tempo modificato la percezione che il proletariato ha di sé e dei propri problemi. È però altrettanto vero che questa diversa capacità di interpretare il malessere psicologico, legata anche agli strumenti forniti della psicologia borghese, non può e non deve allontanare dall’internazionalismo tutti questi strati di salariati. Ieri ed oggi il prete diceva e dice loro di pregare, il barista di fregarsene e lo psicologo di liberare la mente.
Da noi comunisti riceveva e continuerà invece a ricevere una sola esortazione: lotta!