LORO E NOI - 24/02/2022
 
Ucraina - la lezione di storia dello zar

«"Lenin e i suoi associati hanno creato l'Ucraina moderna, strappando territori alla Russia", ha affermato il capo del Cremlino definendo un "errore" quelle scelte, "l'Ucraina moderna è stata interamente creata dalla Russia comunista". In passato Putin aveva già criticato la politica delle nazionalità di Lenin e le misure di "korenizatsiya", ovvero di costruzione di comunità nazionali con proprie identità etno-culturali. Una politica che a suo dire "consolidò a livello statale la divisione tra i tre popoli slavi, russo, ucraino e bielorusso, al posto della grande nazione russa"» (Huffpost, 21 febbraio).
Il presidente russo Putin ha perfettamente ragione, nel prepararsi alla guerra, a prendersela con Lenin e con la politica della rivoluzione bolscevica nei confronti delle nazionalità dell’abbattuto Impero zarista.
Putin ha perfettamente ragione a distinguere, anche da questo punto di vista, Stalin da Lenin.
Putin è oggi il grande interprete del nazionalismo grande-russo, come Stalin, per di più quest’ultimo sotto le vesti del terribile inganno del socialismo realizzato.
Lenin e le avanguardie del moto rivoluzionario che si proiettava sull’orizzonte internazionale dovevano infrangere la continuità dell’oppressione nazionale grande-russa, dovevano mostrare al mondo intero, in primis ai popoli oppressi dallo zarismo e dal nazionalismo russo, che la rivoluzione d'Ottobre, anche da questo fondamentale punto di vista, non era una prosecuzione, dietro altisonanti e ingannevoli proclami, della politica egemonica russa, dello Stato russo riverniciato di rosso.
Era una necessità nella strategia della rivoluzione internazionale, unica dimensione reale della rivoluzione proletaria e comunista. Lungi dall’essere un cedimento agli interessi e alle ideologie delle classi dominanti delle varie realtà nazionali che rifiutavano e combattevano l’internazionalismo proletario, che si adoperavano per schiacciare l’avamposto russo della rivoluzione mondiale, era proprio una condizione basilare per sottrarre le masse sfruttate alla loro influenza, per spianare la strada all’urto liberatorio di classe.
La guerra in Ucraina ha drammaticamente apportato elementi di chiarimento anche storici, dall’alto del Cremlino è arrivata la sconfessione che fa ulteriore chiarezza sulla presunta continuità, così cara agli anticomunisti tanto al chilo, tra la fase rivoluzionaria, bolscevica, guidata da Lenin e la successiva normalizzazione staliniana, con il ritorno in forze del nazionalismo russo e dell’espansionismo dello Stato russo. Mentre siamo certi che questo ennesimo chiarimento sulla natura autenticamente rivoluzionaria dell’esperienza bolscevica non verrà valorizzato e raccolto dalle potenze imperialistiche che oggi, in varia misura, si contrappongono alla Russia, in una contrapposizione tutta interna alla logica e alle dinamiche imperialistiche – il problema che hanno con la figura storica e politica di Lenin è proprio dato dalla sua coerente valenza rivoluzionaria, non dal fatto che fosse stata indebitamente fagocitata dalla propaganda nazionalista dell’imperialismo russo – per quanto riguarda l’eterogeneo campo dei vari anti-imperialisti a senso unico, degli stalinisti o criptostalinisti pronti a correre in aiuto della Santa Madre Russia, a prescindere dalla sua connotazione sociale, che al potere ci siano i Soviet operai, i vertici del capitalismo di Stato o i moderni oligarchi, la dichiarazione di Putin pone un secco aut aut.
O con Lenin e l’internazionalismo proletario o con il passato zarista, con Stalin ieri e con Putin oggi.
Da parte nostra siamo con il “vecchio” Lenin. Siamo con il futuro.