LORO E NOI - 30/10/2021
 
Adesso si chiamano docu-film…

Sul Corriere della Sera (21 ottobre), che rimane ancora tra i più valenti (per la borghesia) veicolatori di ideologia, è apparsa la recensione di un docu-film (strano neologismo con cui in genere si vuole attribuire al film il valore di ricostruzione del documentario ma senza assumersene pienamente le responsabilità di affidabilità e completezza, insomma un po’ più di un film e un po’ meno di un documentario, con tutte le libertà che le vigenti esigenze ideologiche impongono).
Vi si narra la storia di quella povera madre che, scelta tra un gruppo di altre sventurate, scelse la bara, tra le 11 proposte con i resti di caduti non identificabili, in vista della solenne tumulazione a Roma del Milite Ignoto.
Il sottotitolo è da brivido: «Cento anni fa una donna indicò il soldato senza nome. L’attore Vassallo: questo film è per non dimenticare».
Ma per non dimenticare cosa? Le migliaia di soldati fatti a pezzi per conquistare un palmo di terra, con i responsabili di queste operazioni criminali poi premiati con titoli e onorificenze? I fucilati della brigata Catanzaro? I carabinieri dietro le trincee d’assalto ad assassinare chi mostrava esitazione? L’ubriacatura delle radiose giornate di maggio, quando le masse proletarie italiane furono trascinate in una guerra che non capivano e non volevano? I generali fucilatori che poi sfilarono impettiti all’inaugurazione dei monumenti patriottici con i nomi dei proletari che avevano mandato al macello? I favolosi affari che la guerra offrì alla grande borghesia italiana mentre le famiglie contadine e operaie piangevano i loro morti e faticavano a mettere insieme il pranzo con la cena? Padre Agostino Gemelli, consigliere spirituale del generalissimo Cadorna, che istruiva su come annichilire psicologicamente il soldato per renderlo docile ingranaggio della macchina bellica? Non si vogliono dimenticare gli agrari (poi super patriottici sostenitori del fascismo) che impiegavano nei campi i prigionieri austriaci (la cui sorte sollevò moti di simpatia e solidarietà tra i lavoratori e le lavoratrici della terra), risparmiando sulle già misere paghe dei contadini italiani? Nel clima di compattamento nazionale, in cui anche la pandemia e la distribuzione di fondi europei assumono toni da unione sacra, anche queste ricostruzioni, disgustosamente lacunose, servono evidentemente a rinsaldare il morale del “Paese”. Ricordiamoci che solo DOPO vengono acclamati gli eroi, ma PRIMA la richiesta è per il sangue e la carne dei proletari da sacrificare sull’altare dei bisogni “nazionali”. L’attore del docu-film, abile e arruolato nell’italianissimo articolone, non si risparmia il fervorino finale, indicando nel «soldato senza identità» il «simbolo di un Paese, almeno per una volta, unito». Certo, unito dopo che lo squadrismo, appoggiato da sostanziosi interessi padronali e con la collusione dei poteri dello Stato (ivi compreso il re “soldato” devotamente evocato nella recensione), ebbe messo a tacere le voci e le organizzazioni del movimento contadino e operaio, che custodiva e trasmetteva ben altra memoria della Grande Guerra. Unito sulle macerie delle lapidi e dei monumenti – rimossi, distrutti e sostituiti – con cui partiti e associazioni proletarie intendevano tramandare la condanna dell’immane massacro voluto e organizzato dalle classi dominanti. Unito nel nascondere, nel dimenticare, nel censurare per decenni (persino le canzoni di protesta cantate sul fronte). D’altronde le classi dominanti, con i loro cantori e propagandisti più o meno artistici, hanno sempre operato così: si santifica, si sublima il massacro degli sfruttati perché possa sfuggire alla loro vendetta sociale. Si celebrano i martiri perché i loro figli dimentichino che sono state vittime dell’oppressione di classe e che stessa sorte toccherà a loro quando scoccherà l’ora della nuova guerra “giusta”. Si annega nel dolore e nell’eroismo patriottici (quella patria che, non riconoscendo sfruttatori e sfruttati, è sempre dalla parte dei primi) il dolore proletario perché da esso non possa nascere la coscienza di classe e l’unico eroismo, quello degli sfruttati in lotta per la propria emancipazione, che può avere un significato autenticamente rivoluzionario.
Il capitale agghindato di tricolore chiama, il docu-film risponde.