LORO E NOI - 30/06/2021
 
Il populismo 4.0 alla prova della lotta di classe

Nel corso della trasmissione televisiva di Rai 3 Agorà (21 giugno) si è affrontato anche il tema delle condizioni dei lavoratori della logistica e l’uccisione del militante del SI Cobas Adil Belakhdim.
Elisabetta Gardini (ex Forza Italia passata a Fratelli d’Italia) ha sentito il bisogno di dire la sua.
Dopo il cordoglio e lo sgomento di rito per il sindacalista ammazzato perché difendeva i diritti dei lavoratori, è passata, attraverso un significativo «però diciamo anche», ad una confusa analisi su come e quanto sia cambiato il settore della logistica, evocando il 4.0 e i droni, citando Sant’Agostino, per finire con un attacco al permanere del contratto di lavoro dipendente, al lavoro «fermo».
Che significa? Che il problema della logistica è un eccesso di sindacalizzazione “vecchio stile” e troppo pretese di forme rigide di assunzione? Che c’è ancora troppa poca flessibilità? Il mutamento tecnologico con le sue conseguenze sull’organizzazione del lavoro ha comportato la fine della lotta di classe? La “logistica 4.0” significa che non esistono più padroni che macinano profitti comprimendo i salari e facendo leva sulla precarietà, che i lavoratori del settore devono smettere di organizzarsi e di contrattare collettivamente migliori condizioni di impiego? Droni e piattaforme comportano fatalmente che per i lavoratori salariati una condizione di impiego più stabile, più dignitosa, meno ricattabile è diventata ormai impossibile? Non è chiaro. Chiaro è invece che, ancora un volta, alla prova del nove del reale, concreto, scontro di classe, i populisti e i neopopulisti, sovranisti e neosovranisti (si assiste oggi ad un piccolo esodo verso FdI, singolarmente coincidente con l’andamento dei sondaggi) abbassano i toni, diventano improvvisamente e stranamente propensi al cogitare meditabondo, scoprono la complessità del mercato e dell’organizzazione produttiva, introducono distinguo e giustificazioni dal sapore confindustriale, accantonando con eccezionale agilità i precedenti atteggiamenti da paladini delle masse calpestate. Si ergono a rudi difensori del popolo, ma quando il popolo è rappresentato da proletari sfruttati, licenziati, oppressi da industriali e padroni di ogni risma (i veri grandi elettori di tutte le forze politiche borghesi, che siano di destra, centro o sinistra) assumono i toni misurati e le pose pragmaticamente di moda dei salotti dell’altrimenti vituperato pensiero unico liberale. Ringhiano come leoni contro l’Europa (meglio se lasciata nel vago, non sia mai che si finisca per ostacolare il flusso di fondi europei per l’imprenditoria italica, alla bisogna sovranista ma assai sensibile a queste ricadute della costruzione comunitaria), contro i poteri forti, ma quando i poteri forti si concretizzano in precisi interessi capitalistici, e dall’altra parte c’è “solo” la classe operaia, si mettono a belare come pecore.
Anzi, guaiscono. Verso più appropriato, dato che sanno benissimo da quale mano attendersi l’osso.