LORO E NOI - 24/03/2021
 
Il mondo del calcio nel mondo del capitale

Secondo un’inchiesta del quotidiano britannico The Guardian (edizione online, 23 febbraio), sono oltre 6.500 i lavoratori migranti asiatici morti in Qatar da quando, nel dicembre 2010, l’emirato del Golfo si è aggiudicato la possibilità di ospitare la coppa del mondo di calcio del 2022.
In vista dell’appuntamento sportivo, in Qatar è stato avviato un titanico programma di costruzioni: sette stadi, una grande rete di infrastrutture e addirittura una nuova città dove ospitare la finale del torneo.
Il capitalismo può esistere solo costringendo ogni spazio e rapporto sociale con cui entra in relazione ad adottare le proprie leggi, ad assumere le proprie fattezze. Questa consapevolezza è una pietra fondante nella storia e nello sviluppo del pensiero marxista.
Lo sport non poteva fare eccezione.
E così anche il calcio, sport storicamente popolare in molti ambienti proletari, con origini spesso legate all’associazionismo operaio, alla fine è diventato ciò che doveva diventare all’interno della parabola putrescente del capitalismo.
Il peso crescente del denaro nel mondo del calcio non è certo una novità, come non lo sono i giocatori pagati con cifre ormai sideralmente distanti dalla vita comune di chi deve lavorare tutta un vita in cambio di un salario con cui mantenere sé e la propria famiglia. Ma il capitalismo ha continuato a trascinare anche lo sport sempre più nel marciume del proprio degrado storico.
Il benessere e la celebrità a buon mercato dei campioni del pallone di un tempo non bastano più.
Quella che si riflette oggi nello specchio sfavillante del gigantismo palazzinaro dei borghesi del Golfo, ingrassati da rendite astronomiche e dallo sfruttamento selvaggio della forza-lavoro straniera, è l’immagine più coerente, più pura e più aggiornata del mondo del calcio in quest’epoca di spaventosi trionfi del capitale: un circo di miliardi e di narcisismi miliardari, fondato sul sangue dei lavoratori.