LORO E NOI - 28/02/2021
 
Il marziano dietro l’angolo

La figura del “marziano”, dell’elemento radicalmente estraneo che viene catapultato in una specifica realtà sociale, mettendone vigorosamente in luce, al contatto con la propria estraneità, i paradossi, le contraddizioni, le ipocrisie, è un tema, un espediente narrativo, ricorrente nella letteratura e nella cinematografia. Il “marziano” può provenire da altri mondi o da altri tempi, l’importante è che la sua improvvisa apparizione consenta al lettore e allo spettatore di disporre di un punto di osservazione anomalo e capace di mettere in discussione la patina di normalità di atteggiamenti, pratiche e comportamenti collettivi. Gli esiti possono essere di volta in volta più orientati alla trovata umoristica o alla satira sociale, ma la vita ormai secolare di questo modello testimonia la sua efficacia narrativa. Da Swift a Twain ed Ennio Flaiano, sono molti i grandi nomi che vengono alla mente. Un posto di riguardo andrebbe riservato ad un racconto di Nathaniel Hawthorne, “Feathertop” (conosciuto in Italia anche come Pennacchio), delicato e meditato apologo sulle convenzioni e sulla vacuità della civiltà dell’apparenza ambientato nell’America puritana e che conobbe trasposizioni cinematografiche già all’epoca del muto.
Se volessimo inserirci per un attimo in questo antico solco, con la massima umiltà e consapevoli di ambire ad un minimo e quanto mai effimero cantuccio, il momento politico presente in Italia ce ne potrebbe offrire il destro. La ridottissima portata dell’operazione potrebbe in parte giustificarsi con il fatto che il nostro piccolo “marziano” non dovrebbe attraversare gli spazi o i secoli e nemmeno provenire dalle lande dell’occulto. Basterebbe andare ad acciuffarlo dietro l’angolo. E non dovrebbe nemmeno possedere chissà quali caratteristiche eccezionali: assolverebbe egregiamente il compito un comune cittadino italiano, un salariato senza ruoli di spicco economici o politici, moderato fruitore della carta stampata e di talk show, spettatore obbligato (se non vittima) della campagna elettorale permanente. Basterebbe prelevarlo dal contesto politico di fine 2020 e catapultarlo qualche mese, o addirittura settimana, più avanti, nel clima in cui ha preso forma il Governo Draghi. Il povero “marziano” si troverebbe di colpo di fronte ad un costituendo Esecutivo PD-Lega-M5S-Italia Viva-Forza Italia, con la destra di Giorgia Meloni preoccupata di non lasciare sguarnita la casella “opposizione” ma attentissima a chiarire di non provare alcun risentimento verso gli alleati in quota Governissimo, lasciando persino intendere di essere stata spinta alla scelta solitaria (o quasi) da preoccupazioni di sopravvivenza del sistema nel suo insieme, bisognoso di un minimo di opposizione istituzionalizzata (Il Giorno, edizione online 11 febbraio).
Il nostro, assai poco alieno, “marziano” si troverebbe di fronte un nuovo e improvviso dibattito politico in cui la presunta invasione di immigrati, tema centrale e urlato ai quattro venti da politicanti e imbonitori in quella che sembrava una perenne sceneggiata elettorale, è di fatto scomparsa (dopo essere sbiadita in epoca di triste trionfo, anche mediatico, della pandemia) in attesa che tornino tempi più propizi. I nemici dell’Europa delle banche e dei poteri forti, i difensori della civiltà europeista contro i populismi, tutti insieme in un grande girotondo intorno all’ex presidente della Banca centrale europea e ai miliardi che la sua calata in Italia potrebbe accompagnare. Il tutto mentre da versanti come quello di Repubblica si levavano, nei giorni della fiducia al nuovo Esecutivo, imbarazzanti prose plaudenti. Sarebbe davvero buona cosa se il nostro “marziano”, superato il primo, comprensibilissimo, momento di smarrimento, iniziasse a riflettere. Sulla natura sociale, di classe, di forze di Governo e di opposizione (linea divisoria oggi quanto mai tenue), pronte a rifilare all’elettorato proletario panzane più o meno identitarie e leste a cambiare pelle quando i loro autentici referenti borghesi lo richiedono. Le conosciamo bene le misere ironie che potrebbero accompagnare il nostro auspicio di crescita di un coscienza politica di classe contro le vergogne della politica borghese: divenuto “marxiano”, il povero “marziano” sarebbe definitivamente perduto alla realtà e alla concretezza della politica del possibile. Tempo al tempo, per ora abbiamo visto a cosa porta il pragmatismo degli amici del popolo ma più ancora servitori del capitale, dei paladini della questione sociale declinata come divisione dei proletari su base etnica e nazionale, il realismo della modernizzazione dell’economia sull’intramontabile fondamento di un accresciuto sfruttamento e di una sempre più grave precarietà della classe salariata.
Ad ognuno il suo mestiere, ai cortigiani politici del capitale, tanto se in elegante completo europeista quanto in rude felpa populista, il compito di continuare a fare dei proletari dei “marziani”, puntualmente estranei alla comprensione del proprio tempo politico, immemori degli inganni a cui sono sistematicamente sottoposti nella società che li opprime, continuamente vittime in un realtà storica popolata da forze nemiche mai individuate.
A noi il compito di rivendicare e riaffermare la correttezza e la forza della teoria dell’emancipazione di classe di fronte all’unica classe che può impugnarla come arma di liberazione. È questa una strada difficile e veramente controcorrente (non come l’opposizione responsabile annidata comodamente nelle istituzioni della borghesia) ma possiede il grande significato storico della lotta contro quel modo di produzione capitalistico che ormai condanna l’intera umanità ad essere aliena a se stessa.