Emergenze inventate e decoro
Esistono momenti della verità in politica.
La compartecipazione al Governo Draghi da parte di forze che fino a ieri hanno cavalcato spregiudicatamente il populismo è uno di quei momenti.
La fase di difficoltà delle rappresentanze populiste è evidente, sia negli Stati Uniti con la sconfitta di Trump, sia in Italia con la svolta assunta da Salvini e con l'estrema difficoltà attraversata dai Cinque Stelle.
Partiti come Lega e Cinque Stelle, i più votati tra le fila proletarie, si presentavano del resto fino a ieri come integerrimi oppositori dei poteri forti. Ora, di fronte all'incarnazione vivente di quei poteri tanto vituperati a parole, di fronte all'altissimo rappresentante delle banche e delle oligarchie finanziarie, si sono genuflessi con la solita argomentazione del senso di responsabilità e di eccezionalità della contingenza emergenziale.
La flessibilità, la duttilità, lo spregiudicato trasformismo delle formazioni a matrice borghese ci stupisce però fino a un certo punto. I partiti della borghesia, per quanto sfoggino fieramente principi e valori che vorrebbero nobilmente disinteressati, non possono che agire, orientarsi e trasformarsi sulla base degli interessi delle frazioni borghesi di riferimento. Non dovevamo del resto attendere la fiducia a Draghi per denunciare come partiti populisti e interclassisti facessero tutto fuorché schierarsi davvero contro “il sistema”, che per noi vuol dire solamente il sistema capitalistico.
Mentre la Lega salviniana procedeva nella sua marcia d'ingresso nel Governo Draghi, insieme ai ritrovati alleati pentastellati e all'un tempo aborrito PD, l'allarme invasione immigrata, che aveva dominato squallidamente la squallida scena politica del capitalismo italiano, finiva discretamente nell'ombra. D'altronde i miliardi in arrivo da Bruxelles rendevano rapidamente accettabile la coabitazione con forze politiche dipinte fino al giorno prima (letteralmente) come complici della svendita dei destini della patria alle orde migranti, ai poteri forti e alle burocrazie europee.
L'allarme su cui legioni di politicanti hanno costruito le loro recenti fortune si è rivelato quindi per quello che era: una favolosa valvola di sfogo sociale per indirizzare anche il disagio del proletariato autoctono verso un pericolo invasione inventato.
Resta il fatto che i politici di quella fatta sono stati bravi a ruggire come leoni contro un pugno di disperati sui gommoni, e domani torneranno a farlo, per poi belare come pecore e mettersi sull'attenti di fronte ai poteri forti, quelli veri.
La decadenza, anche morale, in cui versa la società borghese ha trovato però ulteriore dimostrazione in un altro fatto avvenuto a inizio febbraio a Torino, sotto la giunta della pentastellata Appendino. Nelle vie del centro cittadino sono stati sgomberati a forza tutti i senzatetto (4 febbraio, La Stampa edizione online). Le masserizie e le coperte che non sono riusciti a portare con sé, sono finite dritte in discarica, «persino quelle distribuite dai volontari che la notte vanno in giro per la città a portare aiuti (viveri, vestiti e coperte appunto) a chi vive in strada».
L’assessore ai servizi sociali di Torino e il capo della polizia municipale concordano nell'operazione muscolare di cacciare gli homeless dalle strade, riferisce il quotidiano di Torino, che aggiunge come sia allo studio un nuovo regolamento Animali della città, che vuole vietare a chi chiede la carità di avere cani, indipendentemente da come sono accuditi e dal loro stato di salute. Vedendo simili condotte, torna alla mente un personaggio della celebre serie a fumetti Alan Ford, ovvero Superciuk.
Il “supercattivo” in questione, il cui superpotere consisteva in un mefitico alito dovuto all'alcool, era l'esatto contrario di Robin Hood, rubava ai poveri per dare ai ricchi. Odiava i poveri in quanto sporchi e brutti e amava invece la pulizia e l'educazione dei ricchi.
Era insomma forte con i deboli e debole con i forti.
Certo è che, paragonato alla torva foto di famiglia al Governo – demagoghi, razzisti, fautori del Jobs Act e delle controriforme pensionistiche, sostenitori del sogno europeo del capitale e paladini della flessibilità – con il suo contorno di opposizioni residuali e preoccupate anch'esse di non apparire abbastanza responsabili, il povero Superciuk, con il suo grottesco idealismo capovolto, appare come un innocente parto della fantasia. Il “supercattivo” col fiasco sul mantello poteva strappare qualche sorriso, la borghesia e tutti i suoi tirapiedi strappano e strapperanno ai lavoratori lacrime e sangue.
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