Patrioti e proletari
Sembra infine che il travagliatissimo passaggio di consegne alla Casa Bianca sia stato portato a termine. Sospiri di sollievo e toni celebrativi fino all’imbarazzante da parte del versante liberal e “progressista” della borghesia (anche nostrana), mugugni e propositi di rivincita dai piani alti della galassia trumpiana. In mezzo i dilemmi e gli interrogativi sul futuro del partito repubblicano e del paesaggio politico dell’imperialismo statunitense.
Ma a noi soprattutto interessano la condizione e il ruolo che in questo rutilante mondo della democrazia borghese sono riservati alla nostra classe, al proletariato. E denunciamo l’inganno, la sottomissione di classe che traspare nell’entusiasmo dei proletari per un ricambio saldamente incardinato nella continuità della classe dominante, per l’insediamento ai vertici del potere americano di un’Amministrazione Biden-Harris composta da personale formatosi e radicatosi negli ingranaggi della macchina politica al servizio dello sfruttamento capitalistico e necessariamente votata alla sua tutela.
Così come continuiamo a registrare gli sviluppi che confermano sempre più la natura drammaticamente ingannevole per la classe sfruttata del populismo trumpiano. Mentre giungono ormai abbondantemente notizie su licenziamenti e provvedimenti giudiziari che si stanno abbattendo su lavoratori salariati che – testimonianza vivente delle conseguenze devastanti della mancanza di una benché minima traccia di coscienza di classe – si sono prestati alla tragica pagliacciata del 6 gennaio a Capitol Hill, una delle figlie dell’ormai ex presidente ha utilizzato gli ultimi momenti disponibili per annunciare, dal colonnato della Casa Bianca, il proprio fidanzamento.
E così la figliola del paladino del forgotten man, del difensore dell’America vera e popolare contro la tiranna globalista delle élite, ha annunciato al mondo di aver compiuto questo romantico passo con un rampollo di una ricca famiglia di origine libanese (Rai News, 20 gennaio). Il giovanotto pare che abbia seguito gli interessi imprenditoriali della famiglia in Nigeria e studiato a Londra. Il furore anti-globalista va bene per le piazze, vere e virtuali, in cui si raccolgono i proletari imbottiti di ideologie reazionarie e alla ricerca di un messia padronale, non certo per le vere frequentazioni del “giro” di un grande borghese come Trump.
Auguri, quindi, alla felice, ricca e globalizzata coppietta, mentre il papà sembra sia impegnato a mettere in piedi un nuovo partito di patrioti.
Intanto, i proletari che hanno fatto irruzione al Campidoglio nel nome di Trump stanno sperimentando che c’è un patriottismo di classe che non è impastato di parole vuote, di violenza socialmente autolesionista, politicamente subalterno, come il loro. Agilmente scaricati dal loro idolo, che si è affrettato a ribadire la sua incrollabile fede nella “legge e ordine”, non pochi tra loro dovranno ora preoccuparsi di come guadagnarsi da vivere e non finire spolpati dalle spese legali o rinchiusi nelle galere della patria della libertà.
Sono finiti nella morsa delle opzioni borghesi, delle false alternative della classe avversa, e ne subiscono le amare, logiche conseguenze: utilizzati dagli uni, licenziati e perseguitati dagli altri.
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