LORO E NOI - 19/12/2020
 
Curare è meglio che prevenire!

Internazionale nel numero del 18/22 dicembre 2020 ha riportato un articolo del Financial Times a firma di David Pilling sugli insegnamenti da trarre dall’emergenza che ha colpito il mondo.
Per morti e contagi, il continente africano sembra aver gestito meglio di altri continenti la pandemia nonostante la carenza e la fragilità dei suoi sistemi sanitari. Rispetto ai continenti più ricchi l’Africa è, su molti versanti, svantaggiata ma può contare su un elemento di forza: gli africani conoscono bene le malattie infettive.
Consapevoli del pericolo in arrivo si sarebbero mossi, seppur con approcci diversi tra i vari Paesi, rapidamente. «A livello globale l’Africa, che ospita il 17 per cento della popolazione mondiale, ha registrato solo il 3,3 per cento dei decessi per covid-19. Il numero relativamente limitato di vittime – anche se potrebbe essere sottostimato – non può essere attribuito solo a scelte politiche giuste. Altri fattori, come una precedente esposizione a virus della stessa famiglia, potrebbe aver reso le persone meno vulnerabili al covid-19». Ma la politica ha avuto un ruolo non trascurabile nell’attuazione di azioni preventive che hanno, alla lunga, arginato il contagio. Che cosa invece non ha funzionato nella parte più ricca del mondo? I notevoli passi avanti nella lotta alle infezioni e la diffusione degli antibiotici hanno prodotto un falso senso di sicurezza rispetto a tutte quelle malattie causate da batteri, virus, parassiti. La maggior parte dei fondi, specialmente quelli delle aziende farmaceutiche, è stata spesa per malattie cardiache, il cancro, le malattie renali, il diabete e forme degenerative come l’Alzheimer, tutte malattie che hanno due cose in comune: non sono infettive e colpiscono le persone ricche.
Secondo Trudie Lang, direttrice del Global health network del Nuffield department of medicine dell’università di Oxford, «il novanta per cento delle ricerche va a vantaggio del 10 per cento della popolazione mondiale».
La grande industria farmaceutica ha smesso di investire nelle malattie infettive: «produrre nuove creme per il corpo è più redditizio che trovare un vaccino che protegga le persone da una catastrofe», soprattutto se la catastrofe non è certa ma solo possibile. Il covid-19 è esploso in una società che ha ignorato gli strumenti necessari per combattere la pandemia: la ricerca sulle malattie infettive e gli investimenti nella sanità. I Governi non riescono a pianificare gli eventi poco probabili, a ragionare sul lungo termine. Operano, condizionati dalla logica del profitto, costantemente in «modalità reattiva» faticando ad acquisire una efficace «modalità preventiva».
Per il genere umano prevenire è meglio che curare, per il capitalismo curare è, troppo spesso, più profittevole che prevenire.