Lo scandalo é il capitalismo
È «uno scandalo», tuona il vicesegretario generale della European Trade Union Confederation (Eutc), la confederazione europea dei sindacati (La Stampa, 12 dicembre). In discussione è la crescita in Europa del fenomeno dei “working poor”. Tra i Paesi in cui, tra il 2010 e il 2019, il numero dei lavoratori a rischio povertà è aumentato maggiormente figura l’Italia (+22%). Che avere un impiego, che andare regolarmente al lavoro non costituisca una garanzia contro la miseria è però uno scandalo normale, logico, nel capitalismo. Così come normale è che la situazione sia peggiore rispetto al «culmine della crisi finanziaria, nonostante l’economia abbia ripreso a svilupparsi» (la salute dell’economia capitalistica è tutt’altro che in contrasto con un maggiore sfruttamento dei lavoratori). Di scandali “normali” è pieno il capitalismo. Così come normalmente scandalosa è stata la strada che ha portato alle condizioni di precarietà diffusa, di
vulnerabilità della condizione proletaria, che l’ondata epidemica ha ulteriormente messo in luce.
È stato scandaloso ingannare per decenni i lavoratori sulla fine della lotta di classe e sul meraviglioso futuro di libero mercato globalizzato che attendeva l’umanità con la fine del falso socialismo di matrice stalinista.
È stata scandalosa la celebrazione continua del capitale e delle sue leggi come punto di arrivo della Storia, in un tripudio di imprenditori prestati a lunga scadenza alla politica, incarnazione del mito borghese alla portata di tutti.
È stata scandalosa la parabola di apparati sindacali che hanno spacciato come approdo alla modernità la propria, sempre più vergognosa, cooptazione tra i tutori degli interessi padronali. Fino alla scandalosa autocelebrazione del segretario generale della Cgil, secondo cui il coinvolgimento delle burocrazie sindacali nelle discussioni con il Governo avrebbe consentito, nel corso della prima fase di emergenza Covid, di mettere in piedi in 18 ore un accordo «che ha permesso di garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro» (ancora La Stampa del 12 dicembre).
È stata ed è scandalosa la truffa ideologica di un’integrazione europea come traguardo di progresso, capace di prescindere dalle determinazioni e dalle contraddizioni di quella struttura capitalistica su cui questo stesso processo si basa.
È stata ed è scandalosa la truffa ideologica del sovranismo, del nazionalismo, del razzismo, tutte declinazioni della vecchia trovata reazionaria con cui indirizzare il disagio e il risentimento degli sfruttatati verso obiettivi che lascino intatti e salvaguardati i reali meccanismi di sfruttamento.
È scandaloso deprecare la pandemia come flagello del lavoro precario senza chiamare in causa le forze sociali e politiche, gli interessi, le scelte che hanno prima favorito il trionfo e la diffusione della precarizzazione del lavoro.
È scandaloso propagare la menzogna del virus livellatore sociale e tragico unificatore della società in un comune destino, mentre gli strati superiori della borghesia si fanno beffe delle corsie ospedaliere al collasso e della carenza di posti letto ricorrendo ad isolamenti dorati o a terapie dai costi astronomici.
È scandaloso scoprire tutto d’un tratto che le epidemie seminano ancora morte nel terzo millennio dopo aver ignorato anni e anni di stragi nelle periferie del capitalismo “per bene”.
È scandaloso che la salute e la vita di interi popoli non valgano nulla perché prive di valore di mercato. È scandaloso che un essere umano viva peggio di un cane perché la sua merce forza-lavoro non ha mercato.
Alla fine, se si va alla radice di tutto questo orrore quotidiano, non si può che riconoscere come il vero scandalo sia il capitalismo stesso, la sua funesta sopravvivenza, ormai in drammatico, irriformabile, contrasto con le esigenze, i compiti e le potenzialità della specie umana.
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