LORO E NOI - 08/10/2020
 
Hikikomori: giovani rovinati dal capitalismo

Sul sito del quotidiano Il Giorno del 23 settembre viene riportata la notizia che riguarda il crescente abbandono scolastico da parte di giovani studenti, relegatisi impulsivamente tra le mura domestiche: «L’associazione Hikikomori Italia, fondata da Marco Crepaldi, coinvolge circa 10mila persone in Lombardia e a settembre sta ricevendo ogni giorno in media una decina segnalazioni da tutta Italia. Per lo più sono genitori disperati, che lanciano un Sos perché il figlio si è chiuso nella cameretta, eliminando ogni relazione, e non riesce più a uscire». Hikikomori è un termine giapponese, che significa “stare in disparte”. Come spiega il fondatore dell’associazione, tale fenomeno colpisce i ragazzi tra i 14 e 25 anni, non studiano né lavorano e vivono perennemente in casa. Il fenomeno, tenuto conto delle differenti sfaccettature, sembra che ormai non sia solo presente in Giappone ma stia prendendo piede nelle diverse metropoli imperialiste. In Italia il fenomeno è sviluppato al Nord, così spiega nell’intervista il fondatore dell’associazione: «Il problema è radicato principalmente nel Nord Italia, in città come Milano con un tessuto sociale molto competitivo, in grado di generare ansia e paure. Più della metà delle richieste di intervento ci arrivano dal Nord». La pandemia da Coronavirus e il relativo lockdown non hanno fatto altro che accelerare o mettere in luce questo fenomeno, che in realtà è il prodotto di una società capitalistica ormai nel suo stadio più putrido. Questi giovani si rinchiudono nelle loro case, smettono di frequentare il mondo esterno, azzerano qualsiasi relazione sociale per i più disparati, immediati, motivi. Sono situazioni difficili per le famiglie che si trovano a dover affrontare queste problematiche, famiglie il più delle volte non in grado di risolvere il problema. Famiglie spesso salariate, alle prese con un tessuto sociale che, sempre più gravido di incertezze e arido di autentici valori, eleva la competizione individuale, ideologicamente slegata da ogni dimensione di classe, a parossistica legge di natura. Nuclei famigliari alle prese con un mondo del lavoro sempre più scoraggiante e precario, con ideologie di massa votate al consumo e all’individualismo. Questi ragazzi, in Giappone si parla di seconda generazione di Hikikomori, sono i figli di un capitalismo che, spogliato da ogni precedente promessa di realizzazione che non sia nel segno della mercificazione, non può non generare queste brutali situazioni umane. Molto spesso questi ragazzi passano la loro giornata dietro un apparecchio elettronico (cellulare, computer o altro) senza accorgersi di esserne totalmente assorbiti. Sono ragazzi che molto spesso non trovano nella scuola e nel più vasto quadro sociale le risposte adeguate alla loro ricerca di un senso dell'esistenza, alle loro domande, per quanto spesso inespresse, di un ruolo nei rapporti sociali che non sia improntato ai dogmi del successo capitalistico. Sono e sempre più stanno diventando, seppur oggi ancora racchiusi nei numeri di un fenomeno minoritario, una realtà che interessa visibilmente la sfera adolescenziale e giovanile delle società capitalisticamente più mature. Gli Hikikomori vivono una particolare situazione comportamentale che rispecchia i limiti della società capitalistica, molti giovani rischiano inconsapevolmente di trovarsi in quella condizione, uscendone magari dopo anni ma gettando alle ortiche anni importanti della loro vita, energie e forze che in una società più coerente e umana troverebbero grandi, utili e gratificanti campi di applicazione. Noi sappiamo che contro questo modello di società, che rigetta, tradisce, distorce e corrompe, le migliori energie delle giovani generazioni, si può e si deve lottare, non per migliorarlo ma per spazzarlo via. Ci sono gli strumenti teorici e politici per poterlo fare, non si tratta di iniziare da zero ma di scoprire e assimilare l’unica teoria e l'unica concezione di militanza politica che abbiano saputo spaventare il capitale, spezzarne le catene e hanno saputo lottare fino in fondo e con insuperata coerenza contro le ideologie borghesi: il marxismo come scienza rivoluzionaria di lotta per l'emancipazione delle classi sfruttate e oppresse dal capitale; il marxismo in quanto scienza sociale, non fine a se stessa o a qualche critica da salotto, ma una scienza rivoluzionaria per la militanza comunista. I marxisti rivoluzionari sono sempre stati attenti alle giovani generazioni, oggi queste ultime hanno la possibilità di attingere ad un patrimonio politico, letterario, scientifico e rivoluzionario rigoglioso e fondamentale per la lotta contro il capitale. Un modo di produzione che spinge giovani all’autoisolamento, a stare in disparte, è il segno tangibile che il capitale, la proprietà privata e il mercato sono oggi una rovina per l’umanità. Lev Trotsky, grande dirigente comunista e organizzatore della rivoluzionaria Armata rossa, scrisse molto per le giovani generazioni, e quelle pagine indicano il segno di una continuità, di una possibilità di liberazione e di realizzazione nella lotta che continua a vivere e proporsi in questo secolo. Scrisse Trotsky: «La vita è bella. Possano le generazioni future liberarla da ogni male, oppressione e violenza, e goderla in tutto il suo splendore».