LORO E NOI - 27/09/2020
 
Lamenti della borghesia, scelte paradossali per il proletariato

Il Sole 24 Ore del 23 settembre («Sicilia, Pmi a caccia di lavoratori: “Paradossi del reddito di base”») ha dato risalto alla situazione, definita paradossale, venutasi a creare in Sicilia in diversi settori produttivi: aziende disposte ad assumere persone con regolari contratti di lavoro si trovano spesso di fronte il rifiuto di chi, percependo il reddito di cittadinanza, preferisce non lavorare. La raccolta di olive nella Valle del Belice, la zona compresa tra le province di Palermo, Trapani e Agrigento, è, per esempio, in difficoltà per mancanza di operai stagionali provenienti soprattutto dall’Est Europa a causa dell’epidemia di coronavirus ma anche per il rifiuto dei lavoratori italiani che percepiscono il reddito di cittadinanza: «a fronte dell’impiego di 4.000 unità di due stagioni fa, solo un 10% ha dato alle aziende la disponibilità alla raccolta della famosa nocellara del Belice tra Castelvetrano, Campobello e Partanna. “Migliaia di quintali di olive rischiano di rimanere sugli alberi per mancanza di manodopera” hanno spiegato gli imprenditori».
Anche il settore della ristorazione vive una fase delicata perché impossibilitato, per le stesse ragioni, a trovare camerieri, così come il settore dell’edilizia o quello della manifattura che non trovano sufficienti operai. Gli imprenditori coinvolti raccontano tutti la stessa storia: «”spesso riusciamo a trovare la figura giusta ma quando chiediamo di portare i documenti per regolarizzare il contratto rispondono: no, abbiamo il reddito di cittadinanza e non vogliamo perderlo. Se vuole possiamo lavorare in nero”. Così una misura sociale, nata per sostenere soggetti in difficoltà si è trasformata in molti casi, in incentivo a perpetuare la consuetudine del lavoro nero, spingendo al sommerso lavoratori a volte anche qualificati».
Secondo gli ultimi dati dell’Inps, sono 214.855 le domande dei nuclei familiari accolte che coinvolgono in totale 571.622 persone: a conti fatti più del 10 per cento dell’intera popolazione siciliana vive con il reddito di cittadinanza che, sempre secondo i dati Inps, garantisce un reddito medio ai nuclei aventi diritto di 612,80 euro. «Poco? Evidentemente abbastanza – sostiene il quotidiano di Confindustria – se molti preferiscono questo reddito (tutto l’anno) a uno stipendio pieno da cameriere o da operaio».
Se una cifra così irrisoria spinge a rifiutare un contratto di lavoro sarebbe opportuno ragionare su cosa sono diventati i contratti di lavoro, contratti spesso incapaci di garantire, in termini di salari, basilari condizioni di vita, di garantire tutele e un minino di stabilità e sicurezza (spesso il percettore del reddito di cittadinanza si trova di fronte un’offerta per un mese o due di attività, rischiando così di perdere il diritto al reddito per un contratto di pochi giorni), di garantire una vita minimamente dignitosa al lavoratore e alla sua famiglia. Sarebbe opportuno riflettere sulle politiche sociali adottate dai governi di destra o di sinistra, populisti o non populisti, che si sono susseguiti, in piena continuità di classe, in questi decenni. Sarebbe opportuno avviare una riflessione sul lavoro in Italia che la classe borghese, accecata dai suoi interessi e dalle sue ideologie, e i mezzi di informazione che la rappresentano non possono fare. Meglio esaltare i propri presunti meriti imprenditoriali quando le cose vanno bene e accusare la politica quando le cose invece non girano per il verso giusto. Il reddito di cittadinanza va criticato non perché favorisce il diffondersi del lavoro nero, non perché altera il rapporto tra la domanda e l’offerta di lavoro, ma perché è uno strumento interclassista che esclude molti soggetti che ne avrebbero reale bisogno, perché è uno strumento insufficiente e incapace di fornire adeguate tutele a chi ha necessità di richiederlo.
Il mercato del lavoro in Italia ormai sempre più spesso pone di fronte a una scelta realmente paradossale: scegliere di essere poveri non lavorando o scegliere di essere poveri lavorando.
A questa paradossale scelta hanno portato le politiche della borghesia.
A questa paradossale scelta ci si può sottrarre solo attraverso la lotta di classe, la sola in grado di contrapporsi ai lamenti della classe dominante ponendo all’ordine del giorno i problemi della disoccupazione, della precarizzazione e dei salari in Italia. . .