Sacrifici “irrinunciabili”
Il fenomeno dello smart working, che con l’emergenza sanitaria ha raggiunto in Italia e nel mondo livelli inediti, getta per primo la luce su quel che con ogni probabilità avverrà nella fase post-epidemica riguardo a molti dei sacrifici chiesti alla nostra classe in termini di organizzazione del lavoro e politiche salariali.
La Repubblica del 27 aprile diffonde i dati sulle criticità del lavoro agile. Chi lavora in smart working da casa, comincia ad accorgersi di avere notevoli difficoltà nel riuscire a separare la sfera lavorativa da quella privata, inoltre, molti intervistati «lamentano di lavorare in media tre ore in più al giorno».
Si penserà che questi sacrifici, oggi richiesti ad una platea di circa 8 milioni di lavoratori in Italia (inclusi quadri aziendali e manager) per garantire il distanziamento sociale in tempo di pandemia, andranno ad estinguersi alla fine dell’emergenza col ritorno alla normalità. Ebbene l’articolo, se mai vi fosse stato qualche dubbio, pone subito le cose in chiaro: «anche dopo, quando la pandemia sarà solo un ricordo, lo smart working rimarrà una modalità irrinunciabile».
La Pubblica Amministrazione ad esempio, spinta dalla pandemia a passare dal 10% circa di lavoratori da remoto all’80% per le amministrazioni centrali e al 70% circa per le Regioni, ha come obbiettivo dichiarato quello «di mantenere in smart working anche in futuro il 30-40% dei dipendenti».
Questo è solo un piccolo saggio di ciò che questa emergenza rappresenta per la borghesia, ovvero l’occasione per conquistarsi ulteriori spazi ai danni del proletariato e dei salariati in genere, dando un colpo d’acceleratore all’erosione delle condizioni salariali e di lavoro, già fortemente compromesse da anni di sonno della conflittualità della nostra classe e di conseguente indolenza sindacale.
E va da sé che, come dimostra questa vicenda, gli spazi conquistati dai nostri nemici con la scusa della “crisi” da coronavirus, ben difficilmente verranno restituiti alla fine dell’emergenza. Per questo è necessario, oggi più che mai, che la nostra classe si mobiliti, se non per un attacco, almeno per una strenua difesa di quelle garanzie già tanto ridimensionate rispetto a solo un decennio fa, e che oggi, con la scusa della pandemia, rischiano di essere sottoposte ad un vero e proprio bombardamento
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