LORO E NOI - 21/04/2020
 
Lavoro, casa e sfruttamento

L’emergenza coronavirus non è, come la retorica borghese vuol spesso farci credere, uguale per tutti. Soprattutto per i padroni, ansiosi di continuare, con sempre maggiore ingordigia, a divorare, con la fame di lupi mannari, il plusvalore estorto ai lavoratori.
E se questi concetti, questa fraseologia potrebbe a molti apologeti del capitale far storcere il naso, in quanto in odor di Ottocento, ormai superato e posto in soffitta dalla storia, allora ci piacerebbe che la stessa pedante critica fosse rivolta, almeno qualche volta, anche al padronato, altra parola questa che sembra stantia, ma mai come ora invece risulta assai attuale.
Padronato che non ha paura di rievocare il passato, piegandolo e deformandolo alla bisogna, pur di veicolare i propri interessi, a discapito della classe dei salariati.
Basta leggersi l’intervista al presidente di Confindustria di Vicenza, riportata sulla versione online di la Repubblica del 14 aprile, per farsi un’idea di quanto il passato sia stato superato: «Si può lavorare, ma oggi per mantenere la sicurezza bisogna avere uno stile di vita simile a quello dei nostri nonni, che uscivano di casa solo per lavorare e quando finivano tornavano a casa». Ecco quindi risolto il problema dell’emergenza coronavirus. Un bel percorso casa-lavoro-casa, senza svaghi, senza sollazzi inutili e spesso dannosi, senza coltivare interessi culturali, senza cinema, teatri, librerie, solo casa e lavoro.
Un ritorno al passato in cui i nostri nonni non avevano tempo libero e pensavano solo al lavoro. Poi, una volta compiuto “il loro dovere”, nei confronti del padrone, ovviamente, stanchi morti rientravano a casa per dormire, pronti poi la mattina dopo per un’altra fantastica giornata lavorativa.
E in barba anche all’eventuale rischio contagio sul posto di lavoro, che non si capisce come sia stato magicamente escluso dalla possibilità di diffusione del virus, insomma, «bisogna dirlo chiaramente: bisogna tornare a lavorare, e tirare la cinghia per un po’».
Casa-lavoro-e tirare la cinghia, casa-lavoro-e sfruttamento, diciamo le cose come stanno senza appoggiarsi alle “figure retoriche”.
Il diciannovesimo secolo è stato messo in soffitta, di modo che il ventunesimo secolo, così come quello passato, ne possa essere il degno erede.