LORO E NOI - 14/04/2020
 
I vecchi e i giovani

Il settimanale Internazionale (27 marzo/2 aprile) ha pubblicato un articolo del Financial Times (“Il mondo dopo il virus”). Dopo una prima parte dedicata alla questione dell'incremento dei poteri di sorveglianza delle autorità in tempi di epidemia, il pezzo vira verso il lirismo sociale.
L'emergenza coronavirus avrebbe impartito all'intero mondo alcune fondamentali lezioni: le informazioni vanno condivise a livello globale senza più egoismi nazionali, stesso spirito dovrebbe animare anche un sistema di distribuzione del materiale sanitario e l'impiego del personale medico e anche sul fronte economico occorre passare ad un «piano d'azione globale».
Il ragionamento si spinge ad un parallelo storico vertiginoso: come in tempo di guerra i Paesi nazionalizzano le principali industrie, così nella guerra «umana» contro il virus occorrerebbe una «umanizzazione» delle cruciali linee di produzione. Insomma, l'umanità sarebbe di fronte ad una scelta. «Vuole proseguire sulla strada della divisione o prendere quella della solidarietà globale?». Il tutto, ovviamente, nel pieno e sacro rispetto del capitalismo e dei suoi rapporti sociali.
Sullo storico giornale della city londinese ci si concede, quindi, qualche sorso di utopia a buon mercato. E nell'ebrezza si finisce per “dimenticare” che il prevalere di egoismi nazionali e di classe, che la sistemica disumanizzazione della produzione, che il regolare trionfo dell'interesse particolare sulle esigenze e le necessità della specie, che la cecità di fronte alle priorità della salvaguardia del benessere e dello sviluppo dell'umanità, sacrificate puntualmente al guadagno immediato, fanno organicamente parte del mondo autentico del capitale, del capitalismo reale. Senza la lotta per superarlo, tutte le “visioni” di «solidarietà globale», di «umanizzazione» della produzione, sono baggianate (se non peggio).
Eppure qualcuno lo aveva già chiarito, molti anni fa.
Scrive Marx nel primo libro del Capitale: «Ciascuno sa, in ogni imbroglio di speculazione sulle azioni, che il temporale una volta o l'altra deve scoppiare, ma ciascuno spera che il fulmine cada sulla testa del suo prossimo, e non prima che egli abbia raccolto e portato al sicuro la pioggia d'oro. Après moi le déluge! È il motto di ogni capitalista e di ogni nazione capitalistica».
Quale pensiero, quale analisi dunque si confronta meglio con la realtà?
Quale impostazione teorica, alla prova dell'accelerazione storica, si dimostra giovane, lucida, adeguata allo sforzo di comprensione e quale si rivela invece vecchia e capace solo di riproporre vecchie illusioni?
Quale chiave di lettura regge a fronte del momento critico e quale scivola nella predica inconsistente?
Chi si dimostra in grado di comprendere la situazione attuale e chi sprofonda nell'assurdo? I nuovi sognatori del capitalismo dal volto umano o il “vecchio” Marx?
Non c'è nemmeno bisogno di affidare ai posteri l'ardua sentenza.