La voce del padrone
In prima battuta, la paura per l’epidemia di coronavirus in Italia ha trovato abbondanti e solerti diffusori sulla stampa e nel mondo politico. E del tutto comprensibilmente: andava montando un allarme sociale che si prestava splendidamente ad essere utilizzato nella zuffa permanente della politica borghese e che poteva fruttare elettoralmente. Per di più prendeva forma ancora una volta un risentimento, opportunamente aizzato e aizzabile, contro comunità e minoranze straniere o di origine straniera. C’è n’era più che a sufficienza per indurre demagoghi e mestieranti dell’odio di razza e di nazione (antitesi ammorbante della coscienza di classe) a gettarsi a pesce nelle acque torbide e ribollenti della rabbia che divide gli sfruttati e lascia intatte le strutture del potere capitalistico. Ma in breve tempo ai piani alti del suddetto potere si sono fatti i conti dei costi economici della psicosi ed è arrivato, sia attraverso singoli e autorevoli interventi sia tramite comunicati di
potenti associazioni padronali, un deciso richiamo all’ordine. E i protagonisti della canea, che saranno pure sovranisti e populisti ma sanno benissimo quali mani è meglio non mordere, si sono prontamente riallineati.
Libero ovviamente non poteva mancare all’appello e i suoi titoli in prima pagina hanno puntualmente accompagnato la gustosa parabola.
Il 23 febbraio il titolone dava il via alla prima settimana di emergenza con la consueta sobrietà: «Prove tecniche di strage».
Il 24 l’apoteosi, con una audace sintesi delle tematiche dell’epidemia e dell’immigrazione: «Accogliamo tutti anche il virus» (il sommario sotto il titolo spiega che, mentre gli italiani sono in quarantena, gli immigrati scorrazzano liberamente nei porti… Perché non stemperare le tensioni per l’epidemia nel Paese con una bella caccia all’immigrato, privilegiato anche dal virus?).
Il 25 si dava ormai conto dell’epidemia dilagante: «Le vie del virus sono infinite».
Poi la svolta.
Il 27 il titolo rivelava come Libero fosse molto liberamente passato nel campo dei fustigatori degli allarmismi e del blocco delle attività economiche: «Virus, ora si esagera» (impagabile l’utilizzo del “si impersonale”, evidentemente non è il caso di indagare con precisione chi esagerava).
Il 29 il titolo è ormai un grido dolore per i negozi e le imprese bloccate: «Basta, non se ne può più». Occhiello: «Virus, smettiamola col terrorismo» (e le stragi di qualche giorno prima?).
C’è poco da commentare. Anche gli urlatori della borghesia sanno stare nel coro.
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