LORO E NOI - 29/02/2020
 
Riformismo utopistico...

La parabola di Adriano Olivetti è complessa, è parte della storia del capitalismo italiano e anche di una parte del riformismo italiano.
Interessante in tal senso risulta la lettura dell’articolo di la Repubblica del 27 febbraio che riporta un'intervista al sociologo Franco Ferrarotti. Alla domanda «Cosa resta dell’utopia di Olivetti?», la risposta lapidaria di Ferrarotti è «Quasi nulla».
Non ci sono riferimenti odierni, gli imprenditori di oggi non hanno assimilato nulla dell’esperienza del modello Olivetti. Un modello in cui la comunità di appartenenza deve essere valorizzata, dove il capitalismo deve in un certo qual modo sviluppare e sorreggere la comunità territoriale in cui va ad agire ed operare. Un capitalismo dal volto umano attento alle esigenze della collettività. Un riformismo dall’alto, nel vero senso della parola. Cosa ha portato questa esperienza illuminata? Nulla. È stata soltanto una bella utopia.
Bene, questa intervista sembrerebbe quasi un monito per la “nuova” borghesia illuminata di oggi, con le sue velleità di riforma del capitalismo “dal volto umano”.
Noi marxisti lo sapevamo ben prima della vicenda Olivetti, lo rimarchiamo ancora oggi e lo rimarcheremo sempre finché questo sistema sociale avrà vita: il capitalismo non si può riformare, non si possono correggere le sue storture. L’unica possibilità per il capitalismo di superare le proprie contraddizioni risiede nel suo superamento, nel suo abbattimento. Non certo nel suo utopistico riformismo.