LORO E NOI - 20/02/2020
 
Banche: profitti e razionalizzazione

Una nuova ondata di fusioni bancarie in Italia era da più parti auspicata e attesa da tempo.
Ora che Intesa San Paolo, l’istituto creditizio più grande del Paese, ha presentato un'offerta pubblica di scambio su Ubi Banca, la prospettiva che la leadership di Intesa possa ulteriormente consolidarsi è diventata reale.
Si formerebbe, nel caso la fusione andasse in porto, il terzo gruppo europeo per capitalizzazione dietro Bnp Paribas e Santander e il settimo per ricavi operativi.
Secondo Marco Onado (il Sole 24 Ore, 19 febbraio), l’operazione rafforzerebbe il sistema bancario italiano, un sistema che sta uscendo «dalla crisi più grave del dopoguerra» e che per raggiungere un assetto stabile necessita di una «severa cura dimagrante». «Occorre intervenire con tutte le armi straordinarie necessarie a un settore che affronta uno scenario di mutamento strutturale: riduzione della capacità produttiva e razionalizzazione dei processi di produzione».
La razionalizzazione di cui parla il foglio borghese per eccellenza si concretizza troppo spesso nella perdita di posti di lavoro.
Se il piano si realizzasse, il contatore delle uscite di lavoratori dalle banche, in un paio di mesi, supererebbe gli 11mila: 6mila di UniCredit, 5mila del nuovo gruppo Intesa Sanpaolo Ubi.
Ci sono poi le code dei piani di Mps, Bper, Bnl, mentre manca ancora all’appello il Banco Bpm che alzerà il velo sulle sue prossime intenzioni a inizio marzo.
La razionalità del capitale si traduce in perdita di posti di lavoro, in disoccupazione, in precarietà e insicurezza.
La razionalità del capitale è irrazionalità sociale, anche in un settore, quello bancario, un tempo considerato garanzia di un posto di lavoro sicuro.
Sempre più c’è un Noi e un Loro.