LORO E NOI - 15/10/2019
 
Farmaci e profitti del sistema sanitario nel capitalismo

Da alcune settimane sui diversi media televisivi, internet e giornali viene riportata la notizia del ritiro, da parte dell'AIFA (Agenzia italiana del farmaco) e dell'Ema (Agenzia europea del farmaco), di tutti i farmaci con principio attivo Ranitidina.
Il motivo è la presenza, in alcuni di questi lotti, di un’impurezza potenzialmente cancerogena per l’uomo.
Su il blog de il Fatto Quotidiano del 29 settembre viene riportato come nell'ultimo periodo siano cresciute le spese per cure oncologiche: «In Italia in un anno, nel 2018 sul 2017, la spesa per i farmaci oncologici è aumentata di 659 milioni: oggi un ciclo di terapia con i nuovi medicinali antitumorali può arrivare a costare 100.000 euro».
La denuncia espressa da Vittorio Agnoletto, autore dell'articolo, si concentra sul fatto che non vi è un rapporto reale con «il costo di produzione e ricerca delle sostanze immesse sul mercato». Oltre a questi importanti flussi di denaro, che le industrie farmaceutiche riescono ad accaparrarsi con le cure oncologiche, il medico, un tempo leader no-global, riporta come i grandi gruppi conosciuti come Big Pharma riescano ad imporre i loro farmaci a medici, professionisti e aziende ospedaliere. Il Fatto Quotidiano si propone, al suo solito, come paladino di un'opera risanatrice del capitalismo, che potrebbe funzionare come un orologio, se solo non fosse gestito da caste corrotte e dedite a loschi affari. Come se in questa società l’industria farmaceutica, la ricerca scientifica e il mercato della salute potessero sfuggire alle logiche del capitalismo. Si legge nell’articolo: «Fa un certo effetto scoprire che lo specialista, al quale hai affidato la cura della tua salute, ha ricevuto un compenso economico da una delle più grandi aziende farmaceutiche del mondo. [...] Provi a consolarti pensando che costoro ti prescrivono medicine e esami di controllo validati da enti scientifici al di sopra di ogni sospetto. Ma poi scopri che a ricevere finanziamenti dalla stessa azienda sono anche varie facoltà di medicina e le stesse società scientifiche che hanno il compito di aggiornare le linee guida indicando le migliori terapie per ogni patologia». Il commento è amaro: «A quel punto di certezze te ne rimangono molto poche». Possiamo dire che vi è una fondamentale certezza: la salute rientra pienamente nelle logiche del mercato, del profitto e dello sfruttamento dei lavoratori salariati. Il Codacons, riferisce ancora Agnoletto, ha deciso di pubblicare i finanziamenti distribuiti dalla casa farmaceutica Glaxo Smith Kline. Le somme elargite dal gruppo anglo-americano sono in crescita ed ammontano a più di 11 milioni nel 2015, oltre 13 milioni nel 2016 e quasi 15 milioni nel 2017. Ci si si stupisce del fatto che all'interno della lista vi sia anche l'Istituto Superiore di Sanità, organo tecnico-scientifico del Servizio Sanitario Nazionale. C'è poco da stupirsi, il capitale tende naturalmente, mosso dalla forza di un istinto congenito, a farsi largo negli spazi, nei rapporti sociali, nelle dinamiche collettive in cui è presente la possibilità di profitto. Non saranno certo considerazioni etiche, un astratto rispetto per la cosa pubblica o per il valore del diritto alla salute a frenarlo. Certo, il settore farmaceutico e della cura della persona ha una sua intrinseca delicatezza, più di altri è destinato a fare i conti con la sensibilità e le reazioni dell'opinione pubblica. I vertici delle aziende che operano in questo settore lo sanno molto bene. La Glaxo, come altre case farmaceutiche, non dimentica di impegnarsi in beneficenza, come riportato il 17 settembre su La Gazzetta di Parma. Ma tali iniziative sono assolutamente marginali nell'insieme dell'esistenza e dell'attività di queste aziende, non ne cambiano la sostanza capitalistica. Non cancellano la reale ed effettiva ragione di vita delle case farmaceutiche, piccole o grandi che siano, cioè fare profitti. Vengono raccolti 70 mila euro, così si legge sul giornale degli industriali di Parma, per assistere famiglie bisognose. L'iniziativa filantropica viene debitamente pubblicizzata, ma l'attenzione scema sui 15 milioni, investiti solo in Italia, per favorire il consenso di medici, istituti e università, per conquistare fette importanti del mercato farmaceutico. Afferma Agnoletto: «Per ogni essere umano la salute è il bene più grande; andrebbe garantita una totale trasparenza su tutto quello che riguarda il mondo della medicina, nessun malato, quando un medico gli prescrive una cura, dovrebbe avere il dubbio che dietro a quella compressa ci possa essere un interesse economico di qualcuno». Belle parole, ma rimarranno solo belle parole senza una lotta di classe tenace, risoluta e coerente contro il capitale, contro la logica del profitto, contro un modo di produzione che innerva, e non può essere altrimenti, anche l'ambito della salute, della ricerca medica e dei farmaci. Pensare di poter sottrarre la sfera della salute ai vincoli e alle condizioni del capitale, rimanendo però nel capitalismo, è una tragica illusione. I proletari sono doppiamente stritolati dalle logiche intrinseche ed essenziali di questa società: torchiati come forza-lavoro e spremuti come consumatori, e il mercato della salute non fa eccezione. La lotta non può essere per cambiare la “cura” all'interno di un sistema che non può essere curato. Ma per emancipare la società intera, e al suo interno anche la ricerca e la produzione rivolte alla salute, dalle catene del capitale e del profitto. Per dare alle forze produttive, a tutte le intelligenze e alle energie impegnate per il miglioramento della condizione umana la possibilità di esprimere al meglio le proprie capacità, libere dalla schiavitù capitalistica.