La mano invisibile del mercato e la mano pesante del capitale
«Grossissima difficoltà nel mettere d'accordo domanda e offerta». Così Federalberghi Rimini (che riunisce 750 hotel della città romagnola) riassume la situazione che si è determinata all'avvio della stagione turistica in Riviera, con carenza di lavoratori stagionali e difficoltà a trovare camerieri, addetti alla cucina e alle camere.
La paginata che La Stampa del 7 luglio ha dedicato alla questione riporta anche testimonianze sulle condizioni in cui versano i suddetti lavoratori: turni massacranti, stipendi bassi, diffuse irregolarità che indeboliscono ancora di più la condizione lavorativa del settore. Insomma, la domanda supera l'offerta e, quindi, come le sacre e note leggi del libero mercato da sempre prescrivono, il risultato dovrebbe essere chiaro e inderogabile: la merce, in questo caso la merce forza-lavoro, deve essere pagata ad un prezzo maggiore. Tradotto: salari più alti, condizioni di impiego più favorevoli al lavoratore.
Ma di fronte a questo risvolto spiacevole del dogma del libero mercato, il padronato del settore si scopre eterodosso e propone la sua ricetta. Un rapporto tra domanda e offerta che rischia di favorire la forza-lavoro viene definito, guarda caso, come situazione di «grossissima difficoltà» e la via di uscita è indicata in «maggiori professionalità ed elasticità», senza dimenticare ovviamente nuovi «sgravi contributivi». Tradotto: in questo caso, per i lavoratori l'altrimenti tanto celebrato gioco della domanda e dell'offerta non deve valere, che continuino sempre più a piegarsi agli interessi e alle esigenze imprenditoriali, il tutto con l'aggiunta (che non passa mai di moda) di un bel taglio delle tasse per i padroni.
Siamo alla solita, vecchia solfa.
Le venerate leggi del libero mercato valgono solo a vantaggio del capitale. E se la mitica mano invisibile del mercato tarda a svolgere il suo vero compito – incrementare i profitti e asservire i lavoratori – qualche bacchettata ben assestata la rimetterà in linea. L'unico principio sacro del capitalismo è fare di tutto per valorizzare il capitale. E il capitalista è un sacerdote scaltro, pratico e avvezzo alle cose del mondo, quando i suoi testi sacri sono di scarsa utilità o addirittura d'intralcio finiscono tranquillamente a fare da spessore per le sedie che “zoppicano”.
Torneranno sugli altari alla bisogna.
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