LORO E NOI - 28/03/2019
 
Calci all’aria

Adesso, secondo La Stampa del 20 marzo, «tira calci all’aria» nei corridoi del Senato.
È furioso e amareggiato, il senatore cinque stelle nonché presidente in pectore della Commissione di inchiesta sulle banche Gianluigi Paragone.
«Un muro di gomma» sembra ergersi contro i rimborsi ai truffati delle banche e la stessa commissione stenta a diventare operativa.
Colpiscono i toni stupiti e scandalizzati del presidente in pectore, le sue rabbiose scoperte. Ha alle spalle una carriera di giornalista (è stato, tra l'altro, direttore de La Padania, quando la Lega era federalista e nordista, in attesa di diventare il partito del “prima gli italiani” e alleato di Governo dei grillini) e conduttore televisivo di ruspanti talk show in sintonia con la cagnara elettorale permanente, oggi cifra dominante del quadro politico nazionale. È un tipo scafato e risulta difficile immaginarlo come candido outsider del mondo politico e neofita ribollente di sdegno di fronte alle logiche del “potere”, mai prima percepite nella loro impurità.
Sarà che ha infine scoperto anch'egli l'esistenza del «sistema», di cui è ovviamente estraneo e nemico. Di che sistema, per la precisione, si tratti non è lecito sapere (il sistema capitalista, in una definizione che attinge ad un bagaglio teorico dal rigore oggi inusuale? Il sistema dei partiti di pannelliana e radicale memoria? Qualcosa di simile al sistema dei “padroni del vapore” denunciato da Ernesto Rossi?). Ma, si sa, tanta vaghezza può risultare utile: le onorificenze per la lotta ad un “sistema” non meglio precisato possono essere spese nel quadro politico borghese, oggi come raramente in passato segnato dalla deriva demagogica e dalla rincorsa alla consacrazione, a poco prezzo, di nemico delle élite e paladino del popolo (tutte formule, per altro, che grondano utilmente anch'esse imprecisione, ambiguità e indeterminatezza). Siamo di fronte, quindi, ad un ingenuo Don Chisciotte messosi con troppa cieca fiducia al servizio del “Governo del cambiamento” o ad un navigato abitatore dei corridoi del potere politico teso a far fruttare la propria autopromossa immagine di solitario e irriducibile contestatore del «sistema»? Ancora una volta, ai posteri l'ardua sentenza. Ciò che, anche al netto di eventuali esborsi futuri ai truffati delle banche, risulta più interessante notare è come si ripresenti il trito copione dei sedicenti “rivoluzionari”, promotori di presunte “rivoluzioni” che si guardano bene dal scalfire i rapporti di forza tra classi della società capitalistica, destinati a passare dai roboanti proclami di cambiamento ai «calci all'aria». Che poi questo scalciare sia il sincero segno di impotenza di chi voleva davvero cambiare tutto senza avere capito nulla o la manfrina del furbastro che spreme ogni goccia possibile dalla retorica dell'anti-sistema è tutto sommato di scarsa rilevanza. Se i calci di Paragone sono all'aria, c'è una classe sociale, la classe sociale dominata, quella classe salariata sempre più precaria, ricattata e sottomessa al capitale, che i calci, continui e dolorosi, li ha ricevuti e li riceve costantemente. Sotto i Governi di ogni colore, di ogni slogan e di ogni imbroglio.
Calci all'aria e parole vuote vanno facilmente d'accordo. Per contro, quando si riempie di contenuti di classe, quando si traduce quotidianamente nella propria condizione di classe sfruttata, quando racchiude la dura realtà dei rapporti di classe, la parola “sistema” cessa di essere un gingillo nelle mani dei politicanti del sistema politico borghese. Diventa un concetto autentico e terribile. Si pone in una dimensione storica in cui profonde contraddizioni sociali, obiettivi politici e idealità si proiettano verso i tempi, le condizioni e le necessità della rivoluzione, quella vera. I “Governi del cambiamento” e i calci all'aria sono tutt'altra cosa.