LORO E NOI - 22/03/2019
 
Il volo strozzato della scienza nel capitalismo

È recentemente caduto un aereo, in volo da Addis Abeba a Nairobi, non si può incolpare la forza di gravità per l’incidente. Affondò una famosa nave perché aveva cozzato contro un iceberg, che certo però non può essere incolpato per l’accadimento. Sono passati più di cento anni tra questi avvenimenti, ma quella che è la causa principale non è cambiata. “La nave è in acciaio e quindi inaffondabile”, l’esaltazione di una tecnologia di cui non si colgono i contraddittori legami con il capitale e le sue leggi, l’arroganza di considerare la conoscenza scientifica del momento come un dato immune dai limiti e dai vincoli della società divisa in classi e della logica della classe dominante, riflettono un tratto tipico dell’ideologia borghese, il ritenersi una classe da sempre esistente e quindi indistruttibile. E pazienza – una pazienza che è costata e costa stragi immani – se la celebrazione di un progresso scientifico che si pretende come socialmente “neutrale”, l’unica forma di progresso scientifico storicamente possibile perché inserito nell’unica forma di società storicamente possibile, nasconde la grande distorsione di un modo di produzione imperniato sul profitto e condizionato dalla sua ricerca prioritaria nel più profondo del suo essere. Ai cantori di una scienza incatenata alle logiche del capitale, come se questa fosse la condizione di natura della scienza, fanno e faranno da contrappunto i rigurgiti oscurantisti di chi non sa distinguere gli sviluppi storici della scienza, i suoi limiti e le sue potenzialità inespresse nell’attuale società e la necessità di una sua liberazione dal capitalismo. In entrambi i casi non si esce dal dramma, un dramma per l’intero genere umano, di un progresso scientifico strozzato e distorto nella società divisa in classi. La volontà di “spremere” il massimo da un investimento in ricerca (il primo progetto del B-737 data dagli anni ’60 e le successive modifiche ne hanno cambiato le caratteristiche), quindi il credere di risolvere il problema tecnico con la tecnologia più alla moda sono un’altra componente della necessità della massimizzazione del profitto, cui deve tendere l’economia borghese. Alla fine della manfrina mediatica e politica (ancora più indecorosa a fronte del bilancio drammatico di vite umane perse nel disastro aereo), il responsabile “giuridico” del disastro forse verrà trovato ed esposto al pubblico ludibrio, i riformatori di sinistra reclameranno un maggiore controllo e l’intervento dello Stato, i mercantilisti di destra reclameranno una maggiore libertà nel fissare gli standard di sicurezza, i nazional-sovranisti a vario titolo reclameranno maggiore spazio per la propria industria e così via. Un copione trito e ritrito, visto e rivisto. Questi drammi e disastri accadono perché nel conto profitti e perdite determinate soluzioni sono troppo costose, poi non dimentichiamo che i disastri, quando se ne deve porre rimedio, costituiscono un ottimo affare per alcune frange della borghesia, perché, “à la guerre comme à la guerre” e “au profit comme au profit”, anche il disastro nel suo recupero diventa un ottimo affare.