LORO E NOI - 23/02/2019
 
Lavoratori privi di forza e quindi precari
Sul sito del Corriere del Veneto del 22 gennaio, vengono riportati i dati di un'inchiesta che riguarda l'utilizzo di contratti di lavoro nelle fabbriche del Veneto, contratti che lasciano interi comparti di lavoratori salariati in una condizione di continua precarietà. «Nell’aumento dei contratti a tempo indeterminato rilevato da Veneto Lavoro (+30.700) nel 2018 molti non sono che nuovi dipendenti delle agenzie interinali destinati alla (ri) collocazione in “staff leasing” in aziende nelle quali avevano già operato come dipendenti a termine». Il famigerato decreto Dignità non ha certo posto fine alla possibilità di utilizzare forme di contratti precari, ha semmai lasciato aperta la possibilità alle aziende di utilizzare lo staff leasing, strumento questo liberalizzato dal Jobs Act del Governo Renzi, votato in Parlamento anche da vecchi bonzi opportunisti del sindacalismo confederale, e non modificato dall'attuale ministro del Lavoro Di Maio. Una eccezionale dimostrazione di continuità capitalistica tra i baldanzosi rottamatori di ieri e i sedicenti governanti del cambiamento di oggi. Il titolo dell'articolo è eloquente: «Veneto e lavoro, interi reparti assunti a tempo pieno da agenzie interinali: è lo staff leasing», una forma contrattuale che avvantaggia i padroni, crea illusioni al singolo lavoratore e fa perdere potere contrattuale alla classe salariata nel suo insieme. Senza mettere in campo alcuna autonoma azione di difesa, senza rispondere alle molteplici e multiformi offensive della classe padronale con una mobilitazione di classe imperniata su solide e riconosciute organizzazioni di lotta, i lavoratori non possono che accettare supinamente queste forme contrattuali, accompagnate dalla trita e arrendevole filosofia del “piuttosto che niente è meglio piuttosto” e del “male minore”. Per questi lavoratori la loro condizione di precarietà non muta e la loro debolezza contrattuale permane, a vantaggio del padronato che si ritrova davanti a sé una classe salariata inerme, delusa dai sindacati confederali che in questi decenni non hanno saputo smarcarsi dalle parabole e dagli interessi dei partiti borghesi e in misura non irrilevante finita ad affidarsi a demagoghi che non tarderanno a seminare nuova delusione. Se in Veneto, ma del resto la situazione è generalizzata su tutta la penisola italiana, la classe padronale precarizza interi reparti, in Meridione la situazione non è di certo migliore. A Crotone in un call-center vengono lasciati a casa 400 lavoratori perché, a detta dell'azienda, non era sostenibile una loro assunzione a tempo indeterminato. Il punto semmai è che 400 lavoratori in condizioni meno ricattabili sono un problema per il padrone perché potrebbero rappresentare per lui una sgradita forza contrattuale. Ma ecco saltare ancora fuori la spiegazione politica contingente, al di fuori della realtà determinante della divisione in classi, ecco nuovamente l'utilizzo della condizione proletaria nella zuffa e nello scambio di accuse tra correnti avverse della grande e viscida famiglia politica borghese. Come populisti e sovranisti hanno ridotto la vicenda ultradecennale della precarizzazione della classe lavoratrice, ad opera di forze politiche borghesi delle più disparate coloriture e ispirazioni ideologiche, a singoli provvedimenti e a singole figure (il Jobs Act, la legge Fornero etc.), riservandosi il comodo e falso ruolo di salvatori del popolo, così adesso sono gli ambiti vicini all'opposizione a cercare di scaricare le contraddizioni della condizione proletaria – al cui aggravamento tutto lo spettro politico borghese ha attivamente contribuito – sulle singole misure sfornate dall'attuale Governo, borghese come i precedenti. Su la Repubblica del 15 gennaio, leggiamo: «L'accusa viene direttamente da lavoratori e sindacato: le 400 persone alle quali non è stato rinnovato il contratto a tempo determinato puntano il dito su uno dei cardini della politica del governo gialloverde, il decreto Dignità».
Per la classe salariata, l'unica vera alternativa agli imbrogli, alle illusioni di Governi e opposizioni borghesi è la riscoperta, la riappropriazione del filo rosso della lotta di classe. È nella consapevolezza che può essere attinta nel recuperare un'altra, autentica, storia, che attesta come nel capitalismo i lavoratori o si organizzano in modo autonomo contro i Governi ora del popolo, ieri del “nuovo” e della globalizzazione e domani caratterizzati da chissà quale connotazione funzionale ad ingannare la classe sfruttata, oppure saranno costretti ad accettare sempre l'ideologia del “meno peggio” e a soccombere di fronte ad una borghesia che continua imperterrita a sfruttare il proletariato in nome del profitto. La classe operaia potrà contare qualcosa e respingere inganni e attacchi del fronte padronale solo se riuscirà a dar vita ad una propria, forte, coerente lotta organizzata.