Nulla di nuovo sotto il cielo cinese
La Cina, è a tutti gli effetti, e non da oggi, un Paese capitalista, un Paese che si muove nella perenne ricerca del profitto e la cui ricchezza si nutre dello sfruttamento della classe operaia che, quando si ribella, viene schiacciata dalla repressione statale. Il Manifesto, nella sua edizione on-line del 13 novembre, denuncia come nella principale potenza demografica del mondo operai e studenti, che semplicemente chiedono la possibilità di dare vita ad un sindacato indipendente, spesso sono repressi, arrestati, picchiati o fatti sparire. «Proprio nei giorni scorsi almeno dodici attivisti sarebbero spariti: presumibilmente rapiti dal consueto gruppetto di teppisti assoldato dal partito o dai sindacati per mettere a posto problemi imbarazzanti. Le scomparse sarebbero avvenute a Pechino, Canton, Shanghai, Shenzhen e Wuhan». Le proteste dei lavoratori sono colpite e i capi operai puntualmente arrestati o fatti sparire. Secondo il Manifesto
tutto ciò rappresenta il nuovo corso della Cina, la «nuova era di Xi Jinping», una nuova era basata sulla repressione verso tutto ciò che contrasta con la linea ufficiale. La nuova fase cinese è invece in continuità con quelle passate. In termini di rapporti di classe non c'è nulla di nuovo: lo Stato, in Cina come altrove, è l'espressione del dominio di una classe sull'altra, l'espressione dello sfruttamento del proletariato da parte del capitale. Che poi al potere ci sia un partito che ancora si autoproclami comunista non cambia la sostanza delle cose, oggi come all'epoca di Mao .
|