LORO E NOI - 31/08/2018
 
Un'estate di razzismo montante

Quella agli sgoccioli è un'estate italiana più violenta del solito, almeno a giudicare dalla frequenza delle aggressioni riportate dai giornali. Il dato politico ancor più interessante, e rilevatore di un certo clima sociale, è tuttavia lo sfondo razziale che ha animato questi atti di violenza. Nell'ultimo mese si contano almeno dodici assalti armati, più di trenta aggressioni fisiche e due omicidi, in quella che è stata definita dai mass media come una "caccia allo straniero". In realtà, già da tempo, riprovevoli episodi razzisti sono diventati sempre più ricorrenti nelle cronache nazionali, fino ad assurgere al rango di triste normalità. La Stampa del 26 agosto (Nadia Ferrigo, "Un'aggressione ogni due giorni. Ecco chi spara agli stranieri") riporta i risultati di un'indagine che ha tracciato l'identikit sociologico degli aggressori. Da questo studio emerge una figura sociale piuttosto precisa: uomo bianco, giovane (per metà sono under 25, gli altri tra i 25 e i 40 anni), poco istruito, che vive nelle periferie (sia al Sud che al Nord), se non disoccupato percettore di un reddito annuo significativamente sotto la media (vale a dire che 3/4 degli aggressori guadagnano tra i 9 mila e i 13 mila euro all'anno). Nei loro profili social non si trovano simpatie e tanto meno dichiarazioni di appartenenza a partiti di estrema destra. Risalta semmai il basso livello culturale. Più che uno strato organizzato sistematicamente in un partito - almeno ad oggi - si tratta di singoli o gruppetti arrabbiati e annoiati, con luoghi di ritrovo nei bar ed anche per questo bevitori (e l'alcool può contribuire a far scattare la scintilla dell'aggressione). A dimostrazione che per ora non c'è una organizzazione politica che li inquadra militarmente vediamo che le armi utilizzate sono spesso improvvisate o, nella maggior parte dei casi, ad impatto minore, nel senso che si tratta di fucili, carabine o pistole a molla o ad aria compressa (anche se ci sono eccezioni come ad esempio per il caso di Macerata nel febbraio scorso). Sembra emergere un parallelo con la situazione statunitense, se pensiamo all'epiteto affibbiato in quella realtà a questi strati, bollati con il termine sprezzante di "white trash", spazzatura bianca, spesso protagonisti di comportamenti razzisti. Sono strati di proletari poveri o sottoproletari, arrabbiati e poco istruiti, che possono diventare facili prede delle ideologie razziste e che sono portati a tramutare il proprio malcontento invece che in odio di classe verso la borghesia, in odio di razza verso l'immigrato di colore, comoda quanto conveniente valvola di sfogo sociale di un sistema capitalista marcio e decadente. Anche di questo dobbiamo tenere conto nella nostra battaglia internazionalista.